Ricercatori svedesi e cechi identificano come l’età materna e la distanza tra gravidanze influenzano il rischio cognitivo in età avanzata. Le condizioni nei primi mesi di vita lascerebbero tracce cerebrali durature.
Il ruolo dei fattori perinatali
Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Lund, Gothenburg e dell’Università Charles di Praga ha fornito prove concrete su come specifici fattori perinatali si associno a un aumento del rischio di demenza molti decenni dopo la nascita. La ricerca, pubblicata sul Journal of Gerontology, rappresenta un contributo significativo nel campo della neurobiologia dello sviluppo e apre nuove prospettive sulla prevenzione delle malattie neurodegenerative.
Martin Fischer e i colleghi hanno analizzato dati amministrativi completi di coorti nate tra il 1932 e il 1950 in Svezia, tracciando la storia medica di migliaia di individui attraverso registri di ospedalizzazione e mortalità.
Gli autori hanno ricavato tre indicatori demografici che fungono da marcatori indiretti di complicanze gravidiche. L’età materna avanzata, lo spazio intergenesiaco stretto (breve intervallo tra i parti) e le nascite gemellari. Il team ha scoperto che la presenza di almeno un fattore di rischio alla nascita aumenta il pericolo di demenza di circa il 5,9% nel corso della vita. Ma il dato più sorprendente riguarda i gemelli: questi mostravano un incremento di rischio del 16,6%, suggerendo che le complicanze delle gravidanze multiple imprimono tracce durature nel sistema nervoso centrale.
La vulnerabilità del cervello in via di sviluppo
Lo sviluppo del cervello umano rappresenta uno dei processi biologici più vulnerabili. Tra la decima e la ventesima settimana di gestazione, il cervello subisce una moltiplicazione neuronale velocissima. Le cellule gliali risultano particolarmente vulnerabili durante questo stadio, poiché stanno iniziando processi cruciali come la mielinizzazione.
Quando insorgono complicanze gravidiche (ipertensione gestazionale, infezioni, malnutrizione materna o alterazioni del flusso placentare) la disponibilità di ossigeno alle strutture cerebrali in formazione si riduce, alterando l’architettura sinaptica. Questi insult perinatali non causano danni evidenti alla nascita, ma creano una sottile alterazione nella riserva cerebrale che si manifesta come fragilità cognitiva decenni più tardi.
La correlazione tra fattori perinatali e demenza riflette meccanismi biologici profondi. Studi precedenti su madri con preeclampsia e parto prematuro hanno documentato un incremento del rischio demenziale persino nelle donne stesse, non soltanto nella prole. Nel caso dei neonati, il rischio appare legato al peso alla nascita insufficiente: bambini nati con basso peso corporeo mostrano una riserva cerebrale ridotta e una minore plasticità neuronale compensatoria.
Lo spazio tra gravidanze e il rischio cognitivo
Uno studio condotto su più di 15.000 donne ha rivelato che le donne con tre o più figli con intervalli inferiori a sette anni presentavano un rischio aumentato del 25 percento di sviluppare demenza in età avanzata. Al contrario, chi manteneva intervalli di 7-8 anni tra i parti mostrava un rischio significativamente inferiore.
Brevi intervalli intergenesiaci forzano la madre a subire stress metabolico e nutrizionale ripetuti senza il tempo biologico necessario per il recupero. La gravidanza mobilita enormi quantità di micronutrienti (tra cui ferro, calcio, acido folico, vitamina B12) e una gravidanza successiva prima che le riserve materne si ricostituiscano espone il feto a un ambiente intrauterino meno ottimale. L’accumulo di questi stress ripetuti sembra tradursi in una ridotta capacità cognitiva nel sesto, settimo e ottavo decennio di vita.
Strategie di pevenzione
I risultati dello studio svedese-ceco non conducono a conclusioni fataliste, quanto piuttosto a una rivalutazione delle priorità di salute pubblica.
La programmazione dello sviluppo rappresenta un cambio paradigmatico: invece di considerare la demenza come una malattia puramente correlata all’invecchiamento e ai fattori genetici, essa emerge come conseguenza di un processo a lungo termine avviato dal primo contatto con l’ambiente intrauterino. Il 65% del rischio demenziale rimane legato a fattori non modificabili come l’età avanzata e l’ereditarietà genetica. Tuttavia, il restante 35% dipende da fattori teoricamente controllabili: stili di vita, educazione e qualità dell’ambiente intrauterino.
A livello di salute pubblica, investire in assistenza prenatale e perinatale di alta qualità rappresenta una forma efficiente di prevenzione della demenza. Per gli individui nasciti in condizioni di stress perinatale, l’adozione di stili di vita protettivi assume un significato ancora maggiore: 150 minuti settimanali di attività fisica, una dieta di tipo mediterraneo, l’impegno cognitivo regolare e l’astensione da alcol e fumo associano benefici cognitivi significativi.
La ricerca di Fischer, Lövdén, Nilsson e Seblova porta alla luce il dialogo nascosto tra i mesi intrauterini e il declino cognitivo della vecchiaia, ricordando che investire nella maternità rappresenta una strategia di prevenzione neurologica a lunga scadenza.
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