Il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro domestico porta aumenti salariali fino a 100 euro al mese per gli assistenti familiari. Nuove tutele per la genitorialità e costi maggiorati per le famiglie: cresce la spesa e fino a 230 euro mensili.
Novità in arrivo con il contratto nazionale collettivo
Oltre 800mila assistenti familiari in Italia vedranno crescere i propri stipendi nei prossimi tre anni. Dal primo gennaio 2026 entreranno infatti nel vivo gli effetti economici del nuovo contratto nazionale del lavoro domestico, firmato lo scorso 28 ottobre tra sindacati e associazioni datoriali.
Un accordo che ridefinisce le regole del settore, introducendo aumenti graduali, tutele più ampie e percorsi di formazione certificata. Ma le famiglie che impiegano colf, badanti o baby sitter dovranno mettere in conto una spesa maggiorata che, secondo le stime, potrà arrivare a superare i 230 euro mensili.
Scaglioni di aumenti dal 2026 al 2028
L’intesa prevede un incremento complessivo di 100 euro lordi al mese per il livello BS, quello più rappresentativo del settore, distribuito su quattro scadenze. 40 euro dal primo gennaio 2026, 30 euro dal primo gennaio 2027, 15 euro dal primo gennaio 2028 e altri 15 euro dal primo settembre 2028. A questi si sommano 135,75 euro derivanti dal recupero dell’inflazione accumulata tra il 2021 e il 2025, calcolata attraverso l’indice Istat. Il contratto innalza inoltre dall’80 al 90 per cento la percentuale di adeguamento automatico al costo della vita, garantendo aggiornamenti più rapidi delle retribuzioni minime.
L’accordo resterà valido fino al 31 ottobre 2028, con possibilità di rinnovo automatico per un altro triennio in assenza di disdetta formale. Gli incrementi riguardano non solo le retribuzioni base ma anche il valore convenzionale di vitto e alloggio per i lavoratori conviventi, che viene rivalutato annualmente. Dal punto di vista delle famiglie, l’esborso aggiuntivo comprende non solo gli stipendi più alti ma anche l’aumento dei contributi previdenziali, rendendo la spesa complessiva significativamente più pesante rispetto al 2025.
Nuovi diritti: dalla genitorialità all’assistenza ai familiari
Una delle novità più rilevanti del contratto riguarda l’estensione delle tutele durante i periodi di maternità e paternità, con l’introduzione di un congedo genitoriale facoltativo di quattro mesi continuativi, successivo al congedo obbligatorio. Il concetto di genitorialità viene ampliato per includere anche genitori intenzionali, come nel caso delle famiglie omogenitoriali o della procreazione assistita. Durante questi periodi è stato inoltre esteso il divieto di licenziamento, una protezione che prima non era scontata nel settore domestico.
Per la prima volta, i lavoratori domestici possono usufruire di permessi retribuiti per assistere familiari con disabilità gravi, un diritto finora negato perché il comparto era escluso dalla legge 104 del 1992. Il contratto prevede anche permessi retribuiti fino a 16 ore annue per visite mediche o pratiche personali, mentre per il lavoro festivo è prevista una maggiorazione del 60 per cento della retribuzione.
Viene riconosciuta come festività nazionale anche il 4 ottobre, giorno di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, con tutte le conseguenze retributive e normative del caso. Il potenziamento del sistema formativo passa attraverso l’ente Ebincolf, il cui contributo sale da 11 a 30 euro mensili, segnale di una volontà di professionalizzare un settore spesso segnato dall’improvvisazione.
Agevolazioni fiscali e sostegno alle famiglie
Nonostante l’aumento dei costi, restano in vigore alcune agevolazioni che possono alleggerire l’impatto economico sulle famiglie. Le detrazioni fiscali per le spese sostenute per colf e badanti arrivano fino a 1.549,37 euro annui, mentre le deduzioni dei contributi previdenziali possono toccare 1.549 euro per ogni collaboratore. Secondo le anticipazioni del Ministero del Lavoro, nella prossima Legge di Bilancio dovrebbero tornare anche il bonus baby-sitter e i crediti contributivi per l’assistenza agli anziani.
Gli aumenti sono stati distribuiti su tre anni proprio per contenere il più possibile l’impatto sulle famiglie.
Insieme al contratto è stato firmato anche un altro documento che prevede un piano per il futuro. Distribuire parte delle spese tra più soggetti, attraverso fondi comuni gestiti da sindacati e associazioni, in modo che non sia sempre e solo la singola famiglia a dover pagare tutto. L’obiettivo è rendere più sostenibile l’assunzione regolare e garantire al tempo stesso che i diritti dei lavoratori siano effettivamente rispettati.
Un settore tra regolarità e lavoro nero
Il settore del lavoro domestico rappresenta una delle infrastrutture sociali più importanti del Paese. Soprattutto in un’Italia che invecchia rapidamente e dove i servizi pubblici faticano a coprire la domanda di assistenza. I sindacati hanno definito l’accordo un riconoscimento sociale importante per un comparto che coinvolge figure essenziali ma spesso invisibili. Figure in larga maggioranza donne e persone di origine straniera.
Rimangono però criticità strutturali. Il lavoro nero è stimato attorno al 50% del totale, circa 800mila lavoratori non regolarmente registrati. E il rischio concreto è che l’aumento dei costi regolari possa spingere ulteriormente verso l’irregolarità. Le associazioni datoriali hanno evidenziato la necessità di trovare soluzioni per rendere sostenibile l’assunzione regolare. I sindacati, invece, hanno chiesto al governo di introdurre misure fiscali, politiche migratorie inclusive e interventi per ridurre il lavoro irregolare. Il contratto rappresenta un passo avanti nella tutela di chi lavora nelle case italiane, ma la partita sulla sostenibilità economica e la lotta al sommerso resta aperta.
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