In occasione della recente Giornata Internazionale delle persone con disabilità, Passi d’Argento fotografa la condizione degli anziani con fragilità, disabilità e problemi sensoriali.
Autonomia per gli over 65
L’invecchiamento attivo rimane un obiettivo, ma la realtà degli anziani italiani presenta molte zone d’ombra. Una larga parte della popolazione over 65 nel nostro Paese si trova a fronteggiare difficoltà quotidiane legate a fragilità fisica, perdita di autonomia e problemi sensoriali.
A confermarlo è il sistema di sorveglianza Passi d’Argento, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, che attraverso interviste a campioni rappresentativi della popolazione anziana raccoglie informazioni dettagliate sulla salute e la qualità di vita degli ultra 65enni in Italia. I dati sono stati ribaditi dalla sorveglianza anche in occasione della Giornata Internazionale delle persone con disabilità dello scorso 3 dicembre.
Tre anziani su dieci tra fragilità e disabilità
Il report riporta i numeri più recenti, del biennio 2023-2024, che disegnano un quadro piuttosto articolato. Secondo i dati raccolti, 14 persone su 100 presentano una condizione di disabilità, definita come l’incapacità di svolgere autonomamente almeno una delle attività fondamentali della vita quotidiana. Mangiare, vestirsi, lavarsi, spostarsi da una stanza all’altra, essere continenti o usare i servizi igienici.
A queste si aggiungono 16 persone su 100 considerate fragili. Persone ancora autonome nelle funzioni basilari ma non più in grado di gestire da sole due o più attività strumentali complesse. Si parla ad esempio di preparare i pasti, fare lavori domestici, assumere farmaci, gestirsi economicamente o utilizzare il telefono. Complessivamente, quindi, si parla di circa 30 anziani su 100 che vivono una condizione di vulnerabilità.
Le disparità sono marcate: la fragilità colpisce il 24% di chi ha molte difficoltà economiche contro il 14% di chi non ne ha, mentre la disabilità raggiunge il 31% tra le persone con gravi problemi finanziari.
Il divario educativo, poi, emerge con forza. Chi ha un basso livello di istruzione mostra percentuali di fragilità e disabilità quasi doppie rispetto a chi ha titoli di studio elevati. Le donne risultano più colpite degli uomini, con il 17% contro il 10% nella disabilità. Infine, l’età gioca un ruolo determinante: la fragilità passa dal 9% nei 65-74enni al 33% negli over 85, mentre la disabilità tocca il 41% tra i più anziani.
L’assistenza resta sulle spalle delle famiglie
Quasi tutti gli anziani con disabilità, il 99%, ricevono aiuto. Ma il carico dell’assistenza grava soprattutto sui familiari. Solo l’11% beneficia di aiuto domiciliare da parte di operatori socio-sanitari pubblici, appena il 2% frequenta centri diurni e un altro 2% viene supportato da associazioni di volontariato. Una persona con disabilità su quattro riceve contributi economici come l’assegno di accompagnamento, cifra che evidenzia come molte famiglie si trovino ad affrontare da sole anche l’aspetto economico dell’assistenza.
Il report mostra come l’analisi nel tempo mostri una riduzione lenta ma significativa della quota di fragili e disabili dal 2016 a oggi, con un calo marcato nel 2021 probabilmente correlato all’impatto del COVID-19 sulla popolazione più vulnerabile.
Problemi sensoriali e isolamento sociale
Una persona su quattro tra gli over 65 riferisce di avere almeno un problema di tipo sensoriale (vista, udito o masticazione) che persiste anche ricorrendo ad ausili come occhiali, apparecchi acustici o dentiere. Il deficit uditivo risulta più frequente tra chi ha un livello di istruzione basso e condizioni economiche peggiori, mentre paradossalmente l’uso di apparecchi acustici è più diffuso tra le persone avvantaggiate dal punto di vista socioeconomico. Questo dislivello segnala barriere nell’accesso a strumenti che potrebbero migliorare significativamente la qualità di vita.
Altro elemento fondamentale: la dimensione sociale dell’invecchiamento pesa in modo significativo.
L’indagine ha rilevato che il 15% degli anziani vive in una condizione di isolamento sociale. In una settimana normale non ha contatti con altre persone, né per telefono né di persona, e non partecipa ad alcuna attività sociale. Il 16% ha dichiarato di non avere contatti nemmeno telefonici nei sette giorni precedenti, mentre il 75% non frequenta luoghi di socialità come centri anziani, parrocchie o circoli. Eppure il 28% degli ultra 65enni rappresenta una risorsa per la famiglia e la comunità, offrendo sostegno attraverso attività di cura o volontariato, a dimostrazione che l’invecchiamento non è solo una questione di bisogni ma anche di contributi alla collettività.
Controlli insufficienti sui farmaci
L’88% degli anziani intervistati ha dichiarato di aver assunto farmaci nella settimana precedente l’intervista. Quasi la metà di loro, il 38% del campione totale, prende almeno quattro diverse tipologie di medicinali. La polimedicazione cresce con l’età, con percentuali che dal 28% nei 64-74enni salgono al 45% nei 74-84enni fino al 59% negli over 85. Chi ha una singola patologia cronica assume almeno quattro farmaci nel 45% dei casi, percentuale che sale al 73% in presenza di comorbidità, cioè la compresenza di due o più malattie croniche tra cui cardiopatie, ictus, tumori, malattie respiratorie, diabete o insufficienza renale.
Il dato più critico riguarda il monitoraggio. Solo una persona su tre tra chi assume medicinali ha ricevuto dal proprio medico di famiglia, nei 30 giorni precedenti l’intervista, una verifica sul corretto utilizzo dei farmaci prescritti. Questo significa che gran parte degli anziani gestisce terapie complesse senza un controllo adeguato su dosaggi, orari e possibili interazioni tra principi attivi. La polimedicazione comporta rischi significativi. L’uso simultaneo di più farmaci può provocare effetti collaterali sommati, interazioni pericolose e complicazioni nel quadro clinico generale dell’anziano.
Differenze regionali
In ultimo, esistono differenze regionali marcate. La percentuale di chi assume farmaci va dal 74% in Valle d’Aosta al 92% in Basilicata, mentre l’uso di quattro o più medicinali oscilla tra il 29% della Provincia di Bolzano e il 45% dell’Umbria. L’attenzione del medico varia dal 17% in Trentino al 43% in Campania, segnalando disomogeneità nell’approccio alla gestione terapeutica degli anziani sul territorio nazionale.
La situazione evidenzia la necessità di rafforzare il ruolo del medico di famiglia nel monitoraggio delle terapie, specialmente in una popolazione che affronta spesso multiple patologie croniche e che rischia di perdere autonomia proprio a causa di effetti avversi evitabili.
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