Il ministero dei Trasporti pubblica la mappa completa degli apparecchi autorizzati in Italia. Sfatato il mito degli 11mila velox, ma senza decreto attuativo le multe continuano a essere impugnabili.
Autovelox: l’elenco online
Dal 30 novembre gli automobilisti italiani possono consultare l’elenco completo degli autovelox operativi nel paese.
La piattaforma digitale del ministero delle Infrastrutture raccoglie i dati di 3.625 apparecchi registrati: marca, modello, matricola, posizione chilometrica esatta e approvazione prefettizia. Il censimento arriva dopo la scadenza del 28 novembre, termine ultimo fissato dal decreto del direttore generale per la Motorizzazione affinché Comuni, enti locali e forze dell’ordine comunicassero le informazioni sui propri dispositivi.
Chi non ha rispettato questa scadenza deve ora spegnere gli apparecchi, pena la nullità delle sanzioni elevate.
Per gli automobilisti che dovessero ricevere verbali da strumenti non censiti si aprono due strade: chiedere l’annullamento in autotutela oppure presentare ricorso al prefetto o al giudice di pace.
I numeri reali del censimento
Il censimento ridimensiona drasticamente le cifre circolate negli ultimi anni. Erano in molti a parlare di undicimila apparati sparsi sul territorio nazionale. I dati ufficiali raccontano una storia diversa.
Dei 3.625 dispositivi registrati, le postazioni fisse rappresentano appena il 25% del totale. Le polizie locali, provinciali e metropolitane gestiscono 3.038 apparecchi tra fissi e mobili, la Polizia Stradale ne controlla 586 compresi i Tutor, mentre i carabinieri utilizzano un solo dispositivo.
Inoltre, va preso in considerazione che l’Italia ha meno autovelox di Francia e Inghilterra, e in proporzione alla popolazione meno di Svizzera e Austria. Nessuna invasione, dunque, ma una dotazione in linea con gli standard europei.
Il problema dell’omologazione che blocca tutto
Il censimento rappresenta un passo avanti in termini di trasparenza, ma non risolve la questione centrale che da 20 mesi tiene in scacco amministrazioni e automobilisti: l’omologazione.
La Corte di Cassazione ha emesso decine di sentenze costanti che stabiliscono un principio inequivocabile. Se manca l’omologazione, i dispositivi non possono produrre multe valide, perché la sola approvazione del ministero dei Trasporti non basta. Le ultime decisioni risalgono a novembre e hanno annullato otto verbali del Comune di Ventimiglia. Il paradosso è che da 33 anni manca un decreto attuativo che chiarisca chi debba rilasciare questa omologazione, secondo quali criteri e con quali tempistiche. In primavera il ministero aveva inviato in via preliminare a Bruxelles un decreto sulle omologazioni, ma dopo le polemiche lo ha ritirato, decidendo di procedere prima con il censimento.
Ora che il ministero ha la fotografia completa della situazione deve “chiudere il cerchio”, o approvando un decreto definitivo o ordinando la sospensione dei controlli. La sicurezza stradale non può restare appesa a un filo normativo. Solo con apparecchi completamente legittimi questi strumenti potranno tornare a svolgere la funzione che la scienza attribuisce loro: salvare vite sulle strade.
Le conseguenze economiche per i Comuni
I Comuni si trovano ora in una posizione delicata. Continuano a notificare verbali che potrebbero essere bocciati dai giudici o dai prefetti, con conseguenze pesanti sui bilanci.
Nelle 14 maggiori città italiane gli incassi da autovelox nel 2024 superano i 65 milioni di euro, circa il 10% del totale delle sanzioni, secondo i dati raccolti dal Portale della Sicurezza Stradale (Asaps). Il Codacons ricorda che nelle principali 20 città il gettito complessivo del triennio 2022-2024 ha raggiunto i 203 milioni di euro. Non esistono invece stime ufficiali sulle somme perse per sconfitte giudiziali e spese legali, che stanno creando buchi nelle casse pubbliche.
Un esempio significativo arriva dalla prefettura di Perugia, che il 15 settembre ha annullato un verbale anche per evitare possibili rischi di soccombenza in sede giurisdizionale, con aggravio di spese per l’Erario. Il problema riguarda una percentuale consistente degli apparecchi. Quasi il 60% degli autovelox fissi e oltre il 67% di quelli mobili non solo mancano di omologazione, ma sono stati approvati prima del 2017, data che rappresenta uno spartiacque normativo in materia di omologazione e utilizzo dei dispositivi.
Ricorsi e valanga di contenziosi
La situazione giuridica innescata dalle sentenze della Cassazione – a partire da aprile 2024 – ha aperto la strada a una valanga di ricorsi.
Gli automobilisti multati da apparecchi approvati ma non omologati possono contestare i verbali con buone probabilità di successo. Il decreto 367 del 29 settembre scorso, che ha reso operativa la piattaforma telematica, specifica chiaramente che la comunicazione dei dati relativi ai dispositivi da parte delle amministrazioni e degli enti competenti è condizione necessaria per il legittimo utilizzo degli apparecchi.
Ma resta sul tavolo il problema di fondo. Senza un decreto attuativo che definisca le procedure di omologazione, anche gli autovelox ora regolarmente censiti potrebbero essere contestati.
Le amministrazioni locali si trovano così a dover gestire un doppio binario. Da un lato l’obbligo di garantire la sicurezza stradale attraverso i controlli sulla velocità, dall’altro il rischio concreto che quei controlli vengano vanificati in tribunale con conseguente perdita di risorse economiche e credibilità.
Il censimento nazionale ha fatto chiarezza sui numeri e ha imposto regole più stringenti sulla registrazione degli apparecchi. Ma fino a quando il governo non emanerà il decreto attuativo sull’omologazione, il sistema dei controlli automatici della velocità continuerà a operare in un limbo normativo che lascia spazio a contenziosi e incertezze. Gli enti locali attendono una soluzione definitiva che restituisca piena legittimità agli strumenti di controllo, mentre migliaia di automobilisti valutano se impugnare le multe ricevute.
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