Un progetto europeo coordinato dall’Enea dimostra che le infrastrutture verdi possono salvare vite umane mitigando gli effetti delle temperature estreme. A Bologna e Milano gli interventi di rinverdimento prevengono rispettivamente 3,4 e 1,2 morti l’anno.
Un problema che non riguarda solo il benessere
Camminare per le strade di una città d’estate significa spesso trovarsi immersi in una bolla di calore che sembra non dare tregua. L’asfalto bollente, le facciate degli edifici che riflettono il sole, l’aria ferma tra i palazzi. Tutto contribuisce a creare quello che i tecnici chiamano “isola di calore urbana”.
Non si tratta solo di disagio. Le temperature troppo alte aumentano i rischi di malesseri cardiovascolari, problemi respiratori e colpi di calore, soprattutto per anziani e persone fragili. Ma anche il freddo intenso può rivelarsi pericoloso, specialmente negli edifici mal isolati. La variabilità climatica, insomma, non è una questione da relegare alle previsioni del tempo: incide sulla salute pubblica in modo concreto e misurabile.
A confermarlo arriva ora uno studio internazionale condotto nell’ambito del progetto europeo VEG-GAP, coordinato dall’Enea e pubblicato sulla rivista scientifica Forests. La ricerca ha analizzato tre città europee – Bologna, Milano e Madrid – per valutare quanto il rinverdimento urbano possa influire sulle temperature e, di conseguenza, sulla mortalità legata agli sbalzi termici. I risultati mostrano che interventi mirati, come foreste urbane, tetti verdi, corridoi ecologici e pavimentazioni permeabili, riescono a ridurre i decessi associati al caldo e al freddo estremi. A Bologna, secondo le simulazioni, si potrebbero evitare ogni anno circa 3,4 morti, a Milano 1,2. Numeri che, in una prospettiva di lungo periodo e su scala nazionale, assumono un peso rilevante.
Come funzionano le Nature-based Solutions
Le cosiddette Nature-based Solutions (Nbs) sono interventi che utilizzano elementi naturali per migliorare la qualità dell’ambiente urbano.
Non si tratta semplicemente di piantare alberi a caso, ma di progettare infrastrutture verdi che svolgano funzioni precise: assorbire inquinanti, ridurre le temperature, trattenere l’acqua piovana, creare ombra e favorire la biodiversità. Il team di ricercatori dell’Enea ha spiegato che la vegetazione aiuta a contrastare l’effetto isola di calore favorendo il raffrescamento urbano, con benefici diretti sulla salute dei cittadini, soprattutto nelle zone più densamente abitate.
Per misurare questi effetti, i ricercatori hanno utilizzato modelli climatici ad alta risoluzione spaziale, capaci di simulare scenari a medio e lungo termine. Nelle città italiane è stato impiegato il sistema modellistico MINNI, sviluppato proprio dall’Enea, mentre per Madrid si è fatto ricorso al modello internazionale WRF-CMAQ. Le simulazioni hanno tenuto conto dei piani municipali di sviluppo del verde urbano già esistenti, valutando come l’aumento di aree verdi possa modificare sia i “gradi caldo” (temperature sopra la soglia ottimale) sia i “gradi freddo” (temperature sotto la soglia ottimale).
I risultati variano da città a città, in base alla morfologia urbana e alla disponibilità di spazi.
A Milano, dove la densità edilizia è molto alta e la topografia piatta, l’impatto del rinverdimento risulta più contenuto. Le temperature medie aumenterebbero leggermente nelle giornate più calde, ma diminuirebbero in quelle più fredde. Il bilancio complessivo porta comunque a una riduzione netta della mortalità, grazie soprattutto al calo dei decessi legati al freddo.
A Bologna, invece, l’effetto è più marcato. Il raffrescamento interessa soprattutto la parte nord della città, con una diminuzione di circa 0,2 gradi nelle giornate calde e una riduzione più consistente dei gradi freddo. Qui la mortalità associata alle basse temperature calerebbe di circa tre decessi l’anno.
Ripensare le città
Lo studio dell’Enea non si limita a fotografare una situazione, ma indica una strada concreta per le amministrazioni locali. Le infrastrutture verdi non sono più un lusso o un elemento decorativo: diventano strumenti di pianificazione urbanistica con ricadute misurabili sulla salute pubblica. Il progetto VEG-GAP ha anche messo a disposizione una piattaforma online, accessibile a tecnici e amministratori, che permette di valutare l’impatto di diversi scenari di rinverdimento urbano. Si tratta di uno strumento che integra dati satellitari, mappe dettagliate e informazioni sulle singole specie arboree, consentendo scelte più informate e basate su evidenze scientifiche.
Secondo i promotori del progetto, le Nature-based Solutions possono rendere le città più resilienti di fronte al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità, due minacce che vanno affrontate insieme alla questione della crescita urbana. Ma riportare la natura in città richiede un approccio sistemico. Non basta aumentare il numero di alberi: serve scegliere le specie giuste, posizionarle nei punti strategici, prevedere la manutenzione nel tempo. Serve anche considerare che la vegetazione, oltre ad assorbire inquinanti, può in alcuni casi emetterne di propri, come i composti organici volatili. Per questo il progetto VEG-GAP ha lavorato su un approccio integrato, che valuta contemporaneamente i benefici e i possibili rischi, aiutando le amministrazioni a evitare scelte che potrebbero rivelarsi controproducenti.
I dati dello studio Enea mostrano che le città possono diventare più vivibili e più sane se si investe sul verde urbano. Non si tratta di un’operazione cosmetica o una risposta estetica, simbolica: è una leva di salute pubblica. Numeri alla mano.
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