Si è spento a 95 anni uno dei numeri uno più celebri della storia del Milan e della Nazionale. Cinque scudetti, rivalità leggendarie e una vita che ha attraversato il calcio e lo spettacolo dell’Italia del boom economico.
L’eredità di “Tenaglia”
Il calcio italiano dice addio a Lorenzo Buffon, che si è spento martedì 25 novembre a Latisana, in provincia di Udine, per un arresto cardiaco. Avrebbe compiuto 96 anni il prossimo 19 dicembre. La notizia è stata comunicata dalla figlia Patricia, che ha annunciato che i funerali si terranno in forma strettamente privata nella città friulana dove il portiere viveva da tempo.
Nato a Majano il 19 dicembre 1929, Buffon rappresenta una figura che ha segnato profondamente la storia del calcio nostrano.
Soprannominato “Tenaglia” per la sua leggendaria capacità di bloccare il pallone con presa salda e sicura, è stato protagonista di un’epoca irripetibile dello sport italiano, quella degli anni Cinquanta e Sessanta, quando il calcio era ancora uno spettacolo popolare lontano dai milioni di oggi.
Milan, Inter e Figc hanno espresso il loro cordoglio con messaggi che ne celebrano la grandezza. I rossoneri lo hanno ricordato come “Lorenzo il Magnifico, un uomo buono dal grande cuore rossonero”, mentre la Federazione ha sottolineato come fosse considerato al livello del leggendario Lev Yashin.
Dall’oratorio friulano ai trionfi con il Milan di Gre-No-Li
La carriera di Lorenzo Buffon inizia quasi per caso nei campetti dell’oratorio di Latisana, terra fertile per i portieri italiani. Il destino sembrava già scritto: il padre Alessandro aveva vestito i panni dell’estremo difensore tra gli anni Trenta e Quaranta, mentre il cugino Armando avrebbe fatto lo stesso nei decenni successivi. Una dinastia che si sarebbe poi intrecciata con quella di Gianluigi Buffon, campione del mondo nel 2006, di cui Lorenzo era cugino di secondo grado del nonno.
Arrivato al Milan alla fine degli anni Quaranta, dopo un’esperienza al Portogruaro, il giovane friulano conquista il posto da titolare dopo appena quattro mesi. Difende la porta rossonera per dieci stagioni, dal 1950 al 1960, accumulando circa 300 presenze e vincendo quattro scudetti: nel 1951, 1955, 1957 e 1959.
Sono gli anni dell’epopea del Milan capitanato da Nils Liedholm, il Milan del celebre trio svedese “Gre-No-Li” formato da Gunnar Gren, Gunnar Nordahl e lo stesso Liedholm. Buffon fu protagonista assoluto di quella squadra che interruppe un digiuno di titoli che per i rossoneri durava dal lontano 1907. Con il Milan conquistò anche due Coppe Latine, antesignane della moderna Champions League.
La sua presenza tra i pali era caratterizzata da uno stile moderno per l’epoca: uscite coraggiose, senso della posizione impeccabile e quella presa che gli valse il soprannome di “Tenaglia”. La Fifa lo riconobbe come uno dei migliori portieri al mondo, inserendolo nella squadra All-Star degli anni Sessanta insieme all’unico portiere capace di vincere un Pallone d’Oro, il sovietico Lev Yashin, con cui strinse un’amicizia sincera che andava oltre la rivalità sportiva.
Il derby e la rivalità con Ghezzi, poi la Grande Inter
Dopo un diverbio con l’allenatore Gipo Viani nel 1960, Buffon lascia il Milan in un valzer di portieri che porta Giorgio Ghezzi in rossonero e lui prima al Genoa e poi all’Inter. La rivalità tra i due estremi difensori era già leggendaria.
Ogni derby di Milano si trasformava in una sfida nella sfida, un confronto personale tra due campioni che incarnavano due scuole di pensiero diverse tra i pali.
Con l’Inter, Buffon conquista il quinto scudetto della sua carriera nella stagione 1962-63, quella che di fatto inaugura l’era della Grande Inter di Helenio Herrera. Tuttavia la sua esperienza nerazzurra fu segnata da una controversa staffetta con Ottavio Bugatti, che limitò le sue presenze. Dopo 89 partite in maglia nerazzurra, si trasferisce alla Fiorentina prima di chiudere la carriera a Ivrea nel 1965, a 36 anni.
In Nazionale colleziona 15 presenze, indossando per cinque volte la fascia di capitano. Divideva la stanza durante i ritiri con Giampiero Boniperti, simbolo della Juventus, e partecipò al Mondiale del 1962 in Cile, un’esperienza che segnò la fine della sua avventura azzurra. Il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi lo insignì del titolo di Cavaliere del Lavoro dopo una partita contro l’Inghilterra che gli costò il naso rotto e diverse costole fratturate, l’ennesima dimostrazione del suo coraggio senza limiti.
Oltre il calcio: Edy Campagnoli, Tolstoj e Frank Sinatra
Ma Lorenzo Buffon non è stato solo un grande portiere. La sua vita privata divenne materia da rotocalco quando, nel 1958, sposò Edy Campagnoli, celebre valletta del programma televisivo “Lascia o Raddoppia?” condotto da Mike Bongiorno. Fu il primo matrimonio tra un calciatore e un volto della televisione, un evento che conquistò le prime pagine dei giornali dell’epoca. Buffon raccontò che si erano conosciuti allo stadio, con Edy che andava a vederlo posizionandosi dietro la sua porta. Le prime uscite le fecero tra la nebbia di Milano per non farsi notare dai tifosi. Dal matrimonio nacque l’unica figlia Patricia, ma la storia d’amore si concluse con il divorzio nel 1968. Edy Campagnoli morì prematuramente nel 1995, a 60 anni, colpita da un ictus.
Lorenzo Buffon aveva una personalità complessa e colta, insolita per un calciatore dell’epoca. Amava la pittura e la letteratura. Sul suo comodino non mancavano mai i romanzi di Tolstoj, in particolare Anna Karenina, e le opere di Jack London.
Dopo il ritiro dal calcio trascorse un periodo negli Stati Uniti, dove raccontò di essere diventato amico di Frank Sinatra. Tornato in Italia, lavorò come osservatore di talenti per il Milan in Friuli su incarico di Silvio Berlusconi, continuando a seguire la squadra del cuore fino agli ultimi giorni. Domenica scorsa, pochi giorni prima della morte, aveva assistito alla vittoria del suo Milan nel derby contro l’Inter. L’ultimo “regalo” da parte del calcio.
Il saluto di Gigi Buffon
Gianluigi Buffon, l’attuale capodelegazione della Nazionale, ha voluto ricordare il suo lontano parente con un messaggio toccante pubblicato su Instagram: ha scritto che Lorenzo Buffon ha illuminato un’intera epoca e ispirato le generazioni successive con il suo talento straordinario. Ha raccontato di come, da bambino, nel salotto di casa ricordasse una gigantografia di Lorenzo in volo a San Siro per una parata, un’immagine potente che ha lasciato un segno indirizzando il suo cammino verso lo stesso ruolo. Un’eredità che si è tramandata attraverso le generazioni, confermando che per i Buffon il destino tra i pali era quasi scritto nel cognome.
Con Lorenzo Buffon se ne va uno degli ultimi testimoni di un calcio che non c’è più, fatto di passione genuina, rivalità sportive pulite e campioni che erano anche uomini di cultura. Un portiere che ha saputo essere protagonista in campo e anticipare i tempi fuori, vivendo una vita ricca di successi sportivi e di esperienze umane che vanno ben oltre i confini di un campo di calcio.
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