In crescita il fenomeno dei condomini per over 65 autosufficienti: una soluzione tra Rsa e abitazioni private che offre servizi di alto livello, socialità e autonomia. Con canoni che oscillano tra i 2.000 e i 3.500 euro al mese.
Dalle villette silenziose agli appartamenti condivisi
Vendere la casa dove si è vissuti per decenni non è mai una scelta semplice. Eppure, sempre più italiani sulla soglia degli ottant’anni lo stanno facendo. Non per necessità, ma per decisione. Franco e Teresa, una coppia rispettivamente di 77 e 83 anni, hanno lasciato la loro villa a Latina senza troppi rimpianti. Troppa manutenzione, raccontano, e soprattutto troppa solitudine. Ora vivono in una residenza di Guild Living a Siena, immersi nel verde della Val d’Orcia, tra corsi di pilates, laboratori di pittura e degustazioni di vini.
Laura, ex psicologa torinese, ha fatto una scelta simile. Oggi, nel suo trilocale moderno con laboratorio artistico, ha scritto sui muri frasi come “Gestisci il giorno o il giorno ti gestisce”. È il manifesto di una generazione che non si rassegna all’idea tradizionale di vecchiaia.
Si chiama senior living ed è un fenomeno in forte espansione anche in Italia. Si tratta di condomini pensati esclusivamente per gli over 65 autosufficienti. Non sono case di riposo né RSA, ma appartamenti privati con servizi condivisi, aree comuni e assistenza discreta ma presente. Un modello già consolidato nel Nord Europa e negli Stati Uniti da decenni, che nel nostro Paese sta vivendo una vera e propria accelerazione.
Da Siena a Torino, i numeri di un mercato in crescita
La joint venture tra Guild Living e Specht Group Italia rappresenta uno dei progetti più ambiziosi in questo campo. A Siena, in Strada di Malizia, hanno aperto nel giugno 2023 una struttura con 83 appartamenti immersi in quattro ettari di verde, con vista sul centro storico della città. Gli appartamenti vanno dal monolocale al trilocale, tutti arredati e dotati di cucina, con canoni che partono da 2.950 euro al mese. Le richieste registrate già prima dell’apertura superavano le 3.200 unità, provenienti non solo dall’Italia ma anche da Regno Unito e Stati Uniti. Un segnale chiaro di quanto l’interesse sia alto.
A ottobre 2024 è stata la volta di Torino, in corso Palestro. Si tratta di un palazzo d’epoca ristrutturato nel cuore della città, con 40 appartamenti da 60 a 140 metri quadrati. Anche qui la formula è quella del co-housing. Autonomia abitativa, ma con servizi inclusi nel canone come pulizie settimanali, manutenzione, utenze e accesso gratuito agli spazi comuni. Ogni settimana viene proposto un fitto calendario di attività: ginnastica, burraco, concerti di musica da camera e navette gratuite per visite mediche o per il teatro.
Chi sono i nuovi residenti e quanto costa vivere così
Non si tratta solo di una questione economica. Secondo i dati dell’Inps riportati nel rapporto sociale 2024, in Italia circa 1,2 milioni di pensionati dispongono di un reddito pari o superiore ai 3.000 euro al mese. Una fascia di popolazione non marginale, che può permettersi canoni tra i 2.000 e i 3.500 euro mensili. Tuttavia, il settore sta lavorando anche per ampliare l’offerta verso segmenti meno abbienti.
Alcuni progetti prevedono la riqualificazione di immobili pubblici dismessi, con canoni più accessibili che potrebbero oscillare tra i 1.500 e i 1.800 euro. L’idea è quella di rendere il senior living un’opzione non solo per chi ha pensioni alte, ma anche per chi dispone di redditi medi e magari di un patrimonio immobiliare da reinvestire.
I residenti di queste strutture possono contare su figure di riferimento chiamate “angeli custodi”, personale sempre disponibile per qualsiasi necessità, dal rubinetto da riparare al sostegno in un momento di sconforto. Nei pacchetti più completi sono inclusi anche servizi di mezza pensione o pensione completa, con menu studiati da nutrizionisti. Una visione che mette al centro il benessere complessivo della persona, non solo l’aspetto sanitario.
Roma guarda al senior living
Anche la Capitale si sta muovendo. Con oltre 600.000 residenti sopra i 65 anni, Roma è una delle città più anziane d’Europa e rappresenta un laboratorio sociale ideale per questo tipo di iniziative. Zone come Monteverde, Nomentano e l’Eur stanno attirando l’interesse delle società specializzate nel senior living.
Il Campidoglio sta valutando partnership pubblico-privato per la riqualificazione di immobili dismessi, con l’obiettivo di creare spazi inclusivi dove gli anziani possano vivere in relazione con il resto della città.
A Monteverde, ad esempio, si studia la possibilità di trasformare un ex edificio scolastico in un residence intergenerazionale, dove convivano senior attivi e studenti universitari. L’idea è quella di non creare “ghetti dorati”, ma luoghi aperti, integrati nel tessuto urbano.
Il modello europeo e le prospettive italiane
Il senior living è diffuso in Europa da decenni, soprattutto in Germania, dove già esistono oltre 150 residenze per anziani. In Germania esiste anche un sistema di polizze LTC (Long Term Care) obbligatorie, che garantisce a ogni cittadino assistenza gratuita in caso di perdita dell’autonomia. Questo ha permesso lo sviluppo di un mercato maturo, dove gli anziani possono scegliere tra diverse soluzioni abitative, anche condividendo appartamenti con amici della stessa età.
In Italia, invece, il mercato è ancora agli inizi e manca un sistema strutturato di assistenza domiciliare. Tuttavia, l’interesse sta crescendo rapidamente e il Paese ha carte importanti da giocare: il clima, il patrimonio culturale, la qualità della vita. Le prossime aperture previste sono a Salò, sul Lago di Garda, e a Bari. L’obiettivo è esportare il modello in altre città italiane, adattandolo alle specificità territoriali.
Limiti e opportunità di un fenomeno in espansione
Nonostante le prospettive positive, restano alcuni nodi da sciogliere. I costi elevati limitano l’accesso a una fascia ristretta della popolazione.
Anche se si stanno sviluppando progetti a canoni calmierati, la maggior parte delle strutture attuali si rivolge a chi ha pensioni alte o patrimoni da reinvestire. Inoltre, mancano ancora politiche pubbliche organiche per favorire questo tipo di abitazioni. Gli incentivi fiscali per la riqualificazione di immobili pubblici potrebbero essere un primo passo, ma servirebbe un coordinamento tra amministrazioni locali, operatori privati e sistema sanitario. L’integrazione con i servizi territoriali, ad esempio, permetterebbe di offrire assistenza domiciliare anche all’interno delle residenze, evitando ricoveri ospedalieri non necessari.
Un altro tema riguarda la solitudine, che rimane una delle principali cause di richiesta di questo tipo di abitazioni. Gli operatori del settore sono consapevoli che la socialità è uno dei pilastri del senior living. Per questo motivo, le strutture sono progettate per favorire l’incontro e lo scambio tra residenti, ma anche per aprirsi al territorio circostante. Molti servizi, come i ristoranti o le sale cinema, sono accessibili anche al pubblico esterno, per evitare che le residenze diventino luoghi chiusi e autoreferenziali.
È un equilibrio delicato, che richiede attenzione e sensibilità.
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