Una ricerca americana rivela il meccanismo che cancella i ricordi affettivi e apre nuovi scenari per la prevenzione
Uno degli aspetti più drammatici della malattia di Alzheimer è la perdita della memoria sociale. Amici e familiari, diventano improvvisamente estranei sconosciuti. La malattia ad oggi riguarda 55 milioni di persone nel mondo, numero destinato a crescere del 35% nei prossimi cinque anni. Da tempo la ricerca tenta di scoprire le ragioni all’origine della cancellazione dei legami più profondi. Oggi, un gruppo di neuroscienziati della University of Virginia School of Medicine, sembra avere la risposta. Al centro della scoperta ci sono delle strutture chiamate reti perineuronali, una sorta di impalcatura protettiva che avvolge i neuroni. Quando questa rete si deteriora, viene meno la capacità di conservare quella che gli esperti definiscono memoria sociale: il ricordo delle persone con cui abbiamo costruito relazioni.
Una rete protettiva che custodisce gli affetti
I ricercatori statunitensi avevano già scoperto l’esistenza di queste reti perineuronali in un lavoro precedente. Si tratta di strutture reticolari che circondano i neuroni e agiscono come una barriera fondamentale, permettendo alle cellule nervose di comunicare nel modo corretto per formare e conservare nuovi ricordi. Come ha spiegato Lata Chaunsali, tra gli autori dello studio, queste reti svolgono un ruolo cruciale proprio nella memoria sociale, quella che ci permette di riconoscere familiari, amici e le persone che ci assistono. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno verificato questa ipotesi attraverso esperimenti sui topi. Gli animali con reti perineuronali difettose perdevano la capacità di ricordare altri topi con cui avevano interagito. Ma conservavano la memoria degli oggetti presenti nel loro ambiente. Un pattern che rispecchia quantoosservato nei pazienti affetti da Alzheimer, dove la memoria sociale tende a svanire prima rispetto ad altri tipi di ricordi.
Dal laboratorio alla possibile terapia
La scoperta assume un valore particolare perché identifica un bersaglio terapeutico concreto. Harald Sontheimer, coautore della ricerca, ha sottolineato come trovare un cambiamento strutturale che spieghi una perdita di memoria così specifica rappresenti un risultato entusiasmante. È interessante notare che esistono già dei farmaci candidati per proteggere queste strutture. Sono gli inibitori della MMP, una classe di medicinali attualmente in fase di studio per altre patologie come tumori e artrite. I ricercatori hanno testato questi farmaci sui topi, osservando che gli animali trattati mostravano una degradazione minore delle reti perineuronali e conservavano la memoria sociale.
La cautela necessaria della scienza
Gli scienziati invitano comunque alla prudenza. Gli esperimenti condotti finora riguardano solo modelli animali, e il passaggio all’uomo richiede ulteriori verifiche approfondite. Come ha precisato Sontheimer, sebbene si disponga di farmaci capaci di ritardare la perdita delle reti perineuronali, servono ancora ricerche sulla sicurezza ed efficacia dell’approccio prima di considerarne l’applicazione negli esseri umani. Tuttavia, la strada tracciata appare promettente. Comprendere i meccanismi alla base dell’Alzheimer significa poter sviluppare strategie preventive più mirate, intervenendo prima che il danno diventi irreversibile.
Verso una nuova comprensione della memoria
Questa ricerca illumina anche un aspetto più ampio del funzionamento cerebrale. La memoria non è un archivio unico e indifferenziato: esistono diversi sistemi dedicati a conservare tipologie diverse di esperienze. Il fatto che la memoria sociale abbia una vulnerabilità specifica nell’Alzheimer suggerisce che il cervello dedica risorse particolari alla conservazione dei legami interpersonali, probabilmente per il loro valore evolutivo fondamentale. La scoperta delle reti perineuronali come custodi di questi ricordi affettivi aggiunge un capitolo importante alla comprensione di come conserviamo le relazioni più significative della nostra vita.
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