L’attore e regista romano festeggia il compleanno indossando la fascia tricolore, accompagnando il sindaco della Capitale tra cantieri e periferie. Un omaggio della città al suo narratore più autentico.
Una giornata speciale per Verdone
Settantacinque candeline spente con indosso la fascia tricolore. Carlo Verdone ha vissuto il suo compleanno, il 17 novembre, come sindaco di Roma per un giorno, un riconoscimento che Roberto Gualtieri aveva annunciato a ottobre e che è diventato realtà con una giornata intensa tra istituzioni e periferie. L’attore in tarda mattinata è arrivato a Palazzo Senatorio, accolto da Gualtieri nella Sala delle Bandiere per partecipare alla riunione di Giunta. Un momento istituzionale che ha avuto però il sapore di una festa, quella che una città tributa a chi l’ha saputa raccontare senza mai tradirla.
Il programma ha portato Verdone e il sindaco attraverso la città, dalle zone più bisognose di attenzione fino alle periferie dove i cantieri segnano promesse di rinascita. Hanno inaugurato nuove aree ludiche, verificato l’avanzamento dei lavori nelle scuole e incontrato i residenti dei quartieri più lontani dal centro. La giornata si è chiusa nel pomeriggio in Campidoglio, con la seduta straordinaria dell’Assemblea capitolina nella Sala Giulio Cesare.
Quando Sordi disse: “A Carlé, hai fatto ride pure me”
L’iniziativa del Campidoglio non è la prima del genere. Venticinque anni fa, il 15 giugno 2000, lo stesso onore era toccato ad Alberto Sordi, quando sindaco era Francesco Rutelli.
Un precedente che rende il riconoscimento ancora più significativo per Verdone, che con Sordi ha avuto un rapporto profondo, fatto di amicizia e insegnamenti. Il giovane attore cresciuto nei palazzi adiacenti a quelli del grande Alberto, che da ragazzo lo chiamava insistentemente dalla finestra senza mai ricevere risposta, è diventato il suo collaboratore e, secondo molti, il suo erede naturale. Una definizione che Verdone ha sempre respinto con umiltà, riconoscendo però il debito artistico verso il maestro.
Fu dopo il successo di Un sacco bello, nel 1980, che Sordi lo chiamò per dirgli quella frase che Verdone ricorda ancora con emozione. Da quel momento i due lavorarono insieme in due film: In viaggio con papà nel 1982, diretto da Sordi, e Troppo forte nel 1986, diretto da Verdone. Il legame andò oltre il set. Sordi dispensava consigli, incoraggiava l’osservazione della gente comune, quell’attenzione maniacale ai tic e ai difetti che sarebbe diventata la cifra stilistica di Verdone.
Personaggi che hanno attraversato quarant’anni di Italia
Carlo Verdone ha cominciato a costruire il suo universo artistico negli anni Settanta, quando si faceva notare in televisione grazie a Enzo Trapani con il varietà Non stop. Portava in scena personaggi grotteschi e irresistibili, macchiette che affinavano quello che sarebbe diventato il suo marchio di fabbrica. Figlio di Mario Verdone, critico e storico del cinema che lo aveva introdotto al mondo della settima arte fin da bambino, Carlo si era laureato in Lettere alla Sapienza con una tesi di filmologia e si era diplomato in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Il grande salto arriva nel 1980 con Un sacco bello, prodotto da Sergio Leone. Il film segna il suo esordio alla regia e lo consacra come autore completo. Verdone interpreta tre personaggi indimenticabili: Enzo il coatto con la sua celebre “Aho, annamo a Ibiza!”, Leo l’italiano medio e impacciato, Ruggero il bigotto in pellegrinaggio a Lourdes. Tre ritratti che attraversano l’Italia di quegli anni e restano impressi nella memoria collettiva. L’anno dopo è la volta di Bianco, rosso e Verdone, dove il nevrotico Furio Zoccaro diventa uno dei suoi personaggi più amati, con quella logorrea ossessiva che inizialmente preoccupò lo stesso Leone, poi convinto da Sordi del potenziale comico del film.
Con Borotalco del 1982 Verdone firma uno dei suoi capolavori, una commedia agrodolce con Eleonora Giorgi e Angelo Infanti, ricca di momenti iconici e di quella malinconia esistenziale che sarebbe diventata una costante del suo cinema. Acqua e sapone nel 1983 prosegue su questa strada, mentre nel 1988 arriva Compagni di scuola, affresco amaro e ironico sulla generazione degli anni Sessanta che gli vale il David di Donatello per la sceneggiatura.
Negli anni Novanta esplode il successo di Viaggi di nozze, con la struttura a episodi che aveva contraddistinto i suoi primi film. La coppia formata con Claudia Gerini nei panni dei “burini” Ivano e Jessica regala gag entrate nell’immaginario popolare.
Il ritrattista della romanità tra cinema e vita reale
Verdone ha raccontato Roma come pochi altri hanno saputo fare, restituendo alla città un’identità cinematografica che va oltre il folklore. I suoi personaggi sono romani nella sostanza prima che nella forma, portano con sé le fragilità e le contraddizioni di una città che l’attore ama visceralmente, nonostante tutto. Anche il calcio ha accompagnato questa storia d’amore. Romanista dalla fine degli anni Cinquanta, Verdone ha raccontato che la passione per i colori giallorossi nacque sui banchi delle elementari, grazie a un compagno che disegnava i campioni dell’epoca come Giacomo Losi e Dino Da Costa. La sua prima partita all’Olimpico fu un derby vissuto in Curva Sud, tra emozioni fortissime e scene di un calcio che oggi non esiste più.
Nel nuovo millennio Verdone ha continuato a esplorare la complessità dei rapporti umani con film come C’era un cinese in coma, Ma che colpa abbiamo noi, L’amore è eterno finché dura. Ha lavorato al fianco di grandi registi, partecipando nel 2013 a La grande bellezza di Paolo Sorrentino, per cui ha vinto il Nastro d’argento come miglior attore non protagonista. Nel 2021 arriva Vita da Carlo, serie che racconta alcuni aspetti della sua vita e carriera, pubblicata su Amazon Prime Video. La quarta e ultima stagione debutterà il 28 novembre su Paramount Plus, un addio alla serie che Verdone ha definito un omaggio al padre Mario.
Una lunga storia d’amore. Ricambiata
La carriera di Verdone conta 40 film tra quelli da regista e quelli da attore, 9 David di Donatello, 8 Nastri d’argento e 3 Globi d’oro. Ma i numeri dicono poco di fronte all’impatto che i suoi personaggi hanno avuto sulla cultura popolare italiana. Oggi Roma gli ha restituito simbolicamente le chiavi della città, facendolo sedere per un giorno sulla poltrona più importante. Un regalo che Verdone ha definito inaspettato ed emozionante.
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