Scoperto in Messico un cosmogramma di 3000 anni: il mistero di chi lo costruì
Quando nel 2020 venne annunciato il ritrovamento ad Aguada Fénix del più grande complesso cerimoniale del popolo Maya mai individuato, il mondo scientifico rimase stupefatto. Ma quello era solo l’inizio. Takeshi Inomata, archeologo dell’Università dell’Arizona, ha continuato a scavare il monumento maya analizzare e interpretare i dati raccolti. I risultati, pubblicati sulla rivista Science Advances, ribaltano molte certezze sulla nascita delle civiltà complesse in Mesoamerica.
La tecnologia Lidar svela i segreti della giungla
Per cinque anni i ricercatori hanno impiegato una tecnologia all’avanguardia chiamata Lidar, che utilizza impulsi laser emessi da aerei per penetrare la fitta vegetazione della giungla e rivelare le strutture nascoste sotto la coltre verde. Questa tecnica ha permesso di creare mappe tridimensionali dettagliatissime del sito e delle aree circostanti, svelando un reticolo di strade sopraelevate e corridoi scavati nel terreno che collegavano diverse parti del complesso. Ma la vera sorpresa attendeva gli studiosi quando hanno rivolto la loro attenzione all’Altopiano Principale, il cuore pulsante del monumento Maya.
L’allineamento astronomico del monumento maya
Quello che gli archeologi hanno portato alla luce è molto più di un semplice luogo di culto. Aguada Fénix si è rivelato un autentico cosmogramma, termine che indica una rappresentazione architettonica dell’ordine cosmico. In altre parole, chi progettò questa struttura voleva ricreare sulla terra la propria visione dell’universo, con una precisione che lascia senza parole. L’asse centrale del monumento si allinea perfettamente con il punto in cui sorge il sole in due date specifiche: il 17 ottobre e il 24 febbraio. Tra queste due ricorrenze trascorrono esattamente 130 giorni, che rappresentano metà del ciclo di 260 giorni del calendario rituale mesoamericano. Non si tratta di coincidenze: ogni elemento era stato calcolato con cura millimetrica.
I colori sacri delle direzioni cardinali
Nel centro del monumento cerimoniale, gli scavi hanno riportato alla luce due fosse disposte a forma di croce, contenenti depositi di pigmenti colorati posizionati secondo un preciso schema direzionale. Il blu intenso dell’azzurrite era collocato a nord, il verde brillante della malachite a est, mentre l’ocra gialla contenente goethite si trovava a sud. Come ha sottolineato lo stesso Inomata, questa rappresenta la prima testimonianza diretta del simbolismo cromatico che avrebbe caratterizzato tutta la cultura mesoamericana nei secoli successivi.
Uno sguardo sugli oggetti rituali
Fino a quel momento, gli studiosi conoscevano l’esistenza di questa associazione tra colori e direzioni cardinali attraverso fonti successive, ma non avevano mai trovato una prova fisica così antica e tangibile. All’interno delle fosse giacevano anche offerte rituali di straordinaria fattura: ornamenti intagliati nella giada raffiguranti un coccodrillo, un uccello e una figura femminile interpretata come rappresentazione del parto. Tutti questi elementi erano disposti seguendo la stessa composizione a croce, ribadendo l’importanza del simbolismo cosmico per chi costruì Aguada Fénix.
Il grande enigma: dove sono i re?
Forse l’aspetto più rivoluzionario del monumento maya riguarda l’organizzazione sociale di chi lo realizzò. Nei grandi siti archeologici mesoamericani, come Tikal o Teotihuacan, abbondano le rappresentazioni di sovrani, nobili e classi dominanti. Sculture elaborate celebrano il potere dei re, geroglifici tramandano le dinastie, palazzi sontuosi testimoniano la ricchezza delle élite. Ad Aguada Fénix non c’è nulla di tutto questo. Nonostante l’estensione del complesso rivaleggi con quella delle altre città, e nonostante la complessità del progetto architettonico dimostri capacità organizzative notevoli. Nessuna statua di sovrani, nessuna iscrizione che celebri un capo supremo, nessun palazzo che testimoni l’esistenza di una classe privilegiata.
Una società senza gerarchie costruisce il più grande complesso Maya
Questo dato assume un significato ancora più dirompente se consideriamo la cronologia. Aguada Fénix venne edificato tra il 1050 e il 700 avanti Cristo, quasi mille anni prima che Tikal e Teotihuacan raggiungessero il loro massimo splendore. Non si parla di una società primitiva che doveva ancora evolversi verso forme complesse. Al contrario, ci si trova di fronte a una cultura che possedeva già le conoscenze tecniche e organizzative per realizzare opere monumentali. Ma che aveva scelto di strutturarsi in modo differente rispetto alle civiltà successive.
Una lezione dal passato
La scoperta del monumento maya mette in discussione uno dei dogmi più radicati negli studi sulle civiltà antiche. L’idea, coè, che la complessità sociale e le grandi realizzazioni architettoniche richiedano necessariamente gerarchie rigide e concentrazione del potere. Come hanno scritto i ricercatori nel loro studio, la costruzione di un cosmogramma che materializzava l’ordine dell’universo probabilmente fornì una motivazione sufficiente per coinvolgere un gran numero di persone senza ricorrere alla coercizione. E senza bisogno di una gerarchia elitaria .
Un “big bang” architettonico
Per decenni, gli studiosi hanno immaginato un processo graduale: piccoli villaggi che crescevano lentamente, strutture semplici che diventavano via via più complesse, una progressione lineare verso forme sempre più elaborate di organizzazione sociale e architettonica. Ad Aguada Fénix intorno al 1000 a.C. si verificò quello che Inomata definisce un “big bang” costruttivo. Un’esplosione improvvisa di attività edilizia su scala monumentale di cui nessuno sospettava l’esistenza. Come se all’improvviso quella società avesse acquisito contemporaneamente le conoscenze tecniche, le capacità organizzative e la volontà collettiva necessarie per realizzare qualcosa di straordinario.
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