Il Welfare Italia Index 2025 mette in luce un gap territoriale in espansione del 9% rispetto all’anno precedente. La spesa pubblica resta sbilanciata sulla previdenza a discapito di istruzione e politiche sociali, con conseguenze pesanti sul capitale umano del Paese.
Un Paese diviso in due
L’Italia del welfare viaggia a due velocità, e la forbice si allarga. Nel 2024 la distanza tra la regione che offre le migliori prestazioni e quella che arranca in fondo alla classifica ha toccato i 23,6 punti, con un incremento del 9% in dodici mesi.
A certificarlo è il Welfare Italia Index 2025, lo strumento di monitoraggio sviluppato dal Think Tank “Welfare, Italia”, presentato il 4 novembre, durante il Forum romano dedicato al capitale umano come nuova leva di competitività nazionale.
L’indicatore sintetico analizza quattro ambiti fondamentali: politiche sociali, sanità, previdenza e formazione, utilizzando 22 parametri che valutano non solo quanto si spende, ma soprattutto quali risultati si ottengono. Al vertice della graduatoria si posiziona la provincia autonoma di Trento con 83,8 punti, seguita da Bolzano a quota 80,4 e dal Friuli-Venezia Giulia con 78,3. Il quadro si capovolge nelle regioni meridionali: Campania ferma a 62 punti, Basilicata a 60,7 e Calabria che chiude la fila con 60,2 punti, confermandosi ultima sia nella rilevazione 2024 che in quella appena pubblicata.
Seicento miliardi concentrati sugli anziani
Nel 2024 il sistema di welfare italiano ha assorbito 669,2 miliardi di euro, pari al 60,4% dell’intera spesa pubblica. Una cifra impressionante che però nasconde squilibri strutturali evidenti.
La previdenza da sola pesa il 16% del prodotto interno lordo, ben oltre la media dell’Eurozona ferma al 12,3%. Dall’altra parte, l’istruzione riceve appena il 3,9% del PIL contro il 4,6% europeo, mentre le politiche sociali si fermano al 4,9% rispetto al 7,3% della media comunitaria. Un sistema orientato principalmente alla protezione della fascia più anziana della popolazione, che lascia indietro investimenti strategici per lo sviluppo del capitale umano.
I dati sul fronte educativo confermano le criticità. La dispersione scolastica coinvolge il 9,8% dei ragazzi tra 18 e 24 anni, oltre 400mila giovani che abbandonano prematuramente gli studi. La percentuale di laureati nella fascia 25-34 anni si attesta al 31,6%, molto distante dal 44,1% della media europea. Sul mercato del lavoro la situazione non migliora: la disoccupazione giovanile tocca il 19,3%, posizionando l’Italia ai vertici delle classifiche negative continentali, mentre l’occupazione femminile resta sotto la media UE di oltre 13 punti percentuali.
La fuga dei cervelli costa quasi 7 miliardi all’anno
Nel 2024 più di 49mila laureati hanno lasciato il Paese. Una emorragia di competenze che il rapporto quantifica in 6,9 miliardi di euro annui di costo per il sistema nazionale. Il problema non riguarda solo chi parte: l’Italia si dimostra incapace di attrarre talenti dall’estero. Tra i Paesi europei è quartultima per capacità di richiamare studenti universitari stranieri e presenta quote estremamente limitate di lavoratori immigrati ad alta qualifica. Gli autori dello studio indicano la strada: servono incentivi mirati, internazionalizzazione degli atenei e della ricerca, percorsi di carriera competitivi e condizioni che permettano di trattenere e attirare capitale umano qualificato.
Il quadro demografico aggrava ulteriormente la situazione. Dopo oltre un secolo di crescita ininterrotta, dal 2014 la popolazione italiana diminuisce con un tasso medio annuo del -0,4%. L’anno scorso si è registrato un nuovo minimo storico di nascite, appena 370mila, con un saldo naturale negativo di 281mila unità. Le proiezioni dell’Istat nello scenario mediano indicano che la popolazione scenderà a 54,8 milioni nel 2050 e a 46,1 milioni nel 2080. L’incidenza degli over-65 salirà fino al 34,9% entro metà secolo, generando una base contributiva più ristretta e una domanda crescente di servizi sociali e sanitari.
Sanità, solo briciole per la prevenzione
Il 23,1% degli italiani risulta a rischio povertà o esclusione sociale nel 2024, uno dei valori più elevati tra i 27 Stati membri dell’Unione europea.
Le differenze territoriali sono marcate. Alcune regioni si avvicinano agli standard dei Paesi europei più virtuosi, mentre in altre aree la quota di popolazione vulnerabile supera abbondantemente la media nazionale.
Sulla sanità, altro pilastro del welfare, emerge un paradosso preoccupante. Nonostante le evidenze internazionali stimino fino a 14 euro di ritorno per ogni euro investito in prevenzione, nel 2024 solo il 5,6% della spesa sanitaria pubblica è stato destinato a questo ambito, pari a 7,7 miliardi su 137,4 totali. Il rapporto sollecita un potenziamento di screening, vaccinazioni, accesso tempestivo a terapie innovative e sviluppo di percorsi per l’invecchiamento attivo.
Secondo le stime del Think Tank, allineando il nostro Paese ai livelli europei su occupazione giovanile, femminile, degli stranieri e partecipazione della fascia 60-69 anni, si potrebbero attivare circa 2,8 milioni di occupati in più. L’incremento genererebbe una crescita del PIL fino a 226 miliardi di euro, pari a un +10,6% rispetto ai livelli attuali.
Una strategia nazionale per la valorizzazione del capitale umano diventa quindi necessaria, articolata su sistema educativo, mondo del lavoro e coesione sociale, per sviluppare le competenze presenti nel Paese e riequilibrare la spesa verso i fattori che abilitano la crescita.
Credit foto: ambrosetti.eu/think-tank-welfare-italia
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