Dopo anni di calo, gli illeciti tornano a salire nelle metropoli. Ma il quadro è forse meno preoccupante di quanto appaia
Le strade delle grandi città italiane vedono un aumento della criminalità. Lo affermano i numeri raccolti dal Viminale: nel 2024 sono stati denunciati alle forze dell’ordine circa 2,38 milioni di reati, con un più 1,7% rispetto all’anno precedente. Un dato che conferma una tendenza già osservata negli ultimi anni e che segna un’inversione di rotta rispetto al lungo periodo di declino registrato fino al 2019. A destare maggiore attenzione è la natura di questi illeciti. Cresce, infatti, quella che gli esperti definiscono micro-criminalità urbana, ovvero l’insieme di reati che colpiscono direttamente i cittadini nelle loro attività quotidiane. Furti, scippi, rapine, episodi di violenza: fenomeni che incidono profondamente sulla percezione di sicurezza delle persone e che sembrano concentrarsi in modo particolare nei grandi centri urbani.
Le metropoli tornano al centro dell’attenzione
Milano, Roma e Firenze occupano le prime tre posizioni della graduatoria che misura le denunce ogni centomila abitanti. Un primato che racconta come in queste tre città si concentri quasi un quarto degli illeciti rilevati su tutto il territorio nazionale. Seguono Bologna, Rimini e Torino, che – come le prime tre – sono attraversate quotidianamente da migliaia di persone che non vi risiedono. Pendolari, studenti universitari, turisti. Tutti loro contribuiscono a moltiplicare la popolazione effettiva rispetto a quella anagrafica, creando quelle che l’osservatorio Transcrime della Cattolica di Milano, definisce “opportunità criminali”. Durante le ore diurne, le metropoli possono raddoppiare il numero di persone presenti rispetto ai residenti ufficiali. Più persone significa maggiori possibilità di conflitti, più potenziali vittime e anche più potenziali autori di reati. I luoghi della movida notturna, i quartieri commerciali affollati, le stazioni ferroviarie diventano teatri privilegiati di episodi criminosi che difficilmente si verificherebbero con la stessa frequenza in contesti più piccoli e controllabili.
Cosa accade nelle città
L’analisi dei dati rivela che quasi la metà delle denunce riguarda furti (il 44% del totale) con un incremento del 3% rispetto al 2023. Particolarmente quelli nelle abitazioni (+ 4,9%), e di automobili (+2,3%) mentre gli scippi e i furti con destrezza continuano a rappresentare un problema persistente nelle aree urbane più trafficate. Anche le rapine sono aumentate dell’1,8%, mentre destano particolare preoccupazione i dati sulle violenze sessuali, cresciute del 7,5%. Quest’ultimo incremento va letto anche alla luce di una maggiore sensibilità sociale verso questi crimini, che porta più vittime a trovare il coraggio di denunciare. Anche le lesioni dolose segnano un balzo del 5,8%, così come i reati legati agli stupefacenti che crescono del 3,9%. Aumenti da inquadrare nel contesto delle difficoltà economiche e sociali che il Paese sta attraversando. Le tensioni internazionali, le crisi economiche e le fragilità del tessuto sociale possono infatti creare terreno fertile per l’illegalità.
L’analisi: evitare allarmismi
Per comprendere cosa sta accadendo serve tornare indietro nel tempo. Fino al 2019, l’Italia aveva registrato un calo progressivo e costante di tutte le tipologie di reato. Il 2020, con le restrizioni imposte dalla pandemia, aveva per conseguenza prodotto un crollo delle denunce. Dal 2021, però, è iniziata una risalita che prosegue da quattro anni consecutivi. Eppure, confrontando i dati attuali con quelli di dieci anni fa, il quadro appare meno allarmante. Rispetto al 2014, infatti, le denunce sono ancora inferiori del 15%. Anche i furti, pur in crescita negli ultimi anni, rimangono in calo del 33% rispetto a un decennio fa. Questo per gli analisti significa che non si deve parlare di un’esplosione improvvisa della criminalità, ma piuttosto di un assestamento verso nuovi equilibri dopo la parentesi pandemica. Come sembrano confermare i primi sei mesi del 2025, che registrano un calo del 4,9% rispetto allo stesso periodo del 2024. A giugno 2025 il Parlamento ha approvato il decreto Sicurezza che introduce quattordici nuovi reati, inasprisce alcune aggravanti ed estende il cosiddetto Daspo urbano. Sarà interessante verificare l’impatto di queste misure nei prossimi mesi.
Le province meno colpite
Se le grandi città dominano la classifica degli illeciti, dall’altra parte della graduatoria troviamo realtà completamente diverse. Province come Oristano, Potenza, Benevento, Enna, Sondrio, Treviso e Pordenone registrano i tassi di criminalità più bassi del Paese. Si tratta in prevalenza di territori meno popolati, dove la dimensione più contenuta delle comunità e la minore densità abitativa contribuiscono a limitare i fenomeni criminali. La convivenza su larga scala, tipica delle metropoli, genera inevitabilmente maggiori conflitti e tensioni. Nelle piccole province, invece, la rete sociale più stretta e il maggiore controllo informale esercitato dalle comunità fungono da deterrente naturale contro molti tipi di reati. Non è un caso che proprio nelle aree rurali o nei piccoli centri manchino quei luoghi di aggregazione notturna che nelle città generano spesso problematiche legate alla sicurezza.
Il nodo delle denunce
I numeri sono il frutto delle denunce presentate alle Forze dell’Ordine, ma le indagini che misurano il tasso di vittimizzazione della popolazione sono poche e datate, rendendo difficile stabilire se gli italiani denuncino oggi più o meno di ieri. Per alcuni fenomeni, come le violenze sessuali o il bullismo, è innegabile che la maggiore sensibilità sociale abbia portato più vittime a rivolgersi a Carbinieri e Polizia. Per la maggior parte degli altri reati, però, la propensione a denunciare sembra essere rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi quindici anni. In ogni caso, saper leggere i dati è fondamentale per comprendere i problemi di sicurezza della cittadinanza ed interpretare i nuovi fenomeni sociali italiani, che – soprattutto – investono le grandi città.
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