Mario Pelino apre le porte della storica azienda abruzzese che serve vip e famiglie reali, tra ricette antiche e nuove frontiere del commercio
Storia e semplicità. È su questi due elementi che da oltre 200 anni l’azienda Pelino – tra i più famosi produttori di confetti al mondo – costruisce il suo lavoro. Un successo che si tramanda di generazione in generazione e che non teme il futuro. È Mario Pelino, tra gli eredi della fabbrica, ad aprirci le porte dello stabilimento – e del museo – in piazza Garibaldi a Sulmona.
Come nasce la confetteria Pelino?
La fabbrica è stata fondata nel 1783 da un nostro antenato, come risulta da un documento del comune di Introdacqua, già all’epoca la famiglia commerciava vari prodotti, chiamati “coloniali”. Hanno poi iniziato a fare confetti e l’azienda è sempre passata di padre in figlio: da Berardino a Panfilo, a Francesco Paolo, e poi ad Alfonso.
Ci sono stati degli spostamenti della sede nel corso del tempo?
Sì, Francesco Paolo spostò la fabbrica al centro di Sulmona, oggi è piazza Garibaldi, dove c’erano diverse attività commerciali dei fratelli Pelino. Fu il mio bisnonno Alfonso a trasferire l’azienda nella sede attuale, dichiarata “Monumento di interesse nazionale” dal Ministero dei Beni Culturali, nel 1991.
Come mai?
Per crescere, poiché questo stabilimento era molto più grande di quello in centro, e poi perché in quel periodo si stava realizzando la ferrovia Sulmona-Napoli, che passa proprio qui davanti e ora siamo in via Stazione Introdacqua. La gestione è poi proseguita con mio nonno Mario (subentrato nel 1921), mio padre Alfonso e suo fratello Lindo, fino agli attuali proprietari, cioè io e mia cugina Lucilla, oltre a mio figlio che è comproprietario. L’azienda è al 100% della famiglia.
Ci può dare un contesto storico sulla produzione di confetti a Sulmona?
Nel periodo della fondazione c’erano già diverse aziende di confetti a Sulmona. Ci sono documenti risalenti agli inizi dell’Ottocento che riportano la presenza di 12 fabbriche che producevano circa 1.000 libbre (circa 500 kg) di confetti al giorno. Erano fabbriche artigianali, ma la quantità era già notevole. La tradizione è molto più antica della nostra azienda: è nata tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento.
Perché proprio a Sulmona?
Perché Sulmona si trovava sulla Via degli Abruzzi, un’arteria importante che collegava Napoli con Sulmona, L’Aquila, Perugia e la Toscana. Si passava di qui per evitare le “malue fontine” (malattie malariche) della costa e l’attraversamento dello Stato Pontificio; e poi per la produzione di mandorle dolci, uno degli ingredienti fondamentali per i confetti. Inoltre, perché le zone centrali dell’Abruzzo, in particolare nel ‘500 e ‘600, erano molto ricche grazie alla transumanza. L’unione di questi fattori ha permesso la nascita di questo dolce a base di zucchero (saccarosio) e mandorle alla fine del ’400, inizio del ’500.
Il termine “confetto” da dove deriva?
La parola ‘confetto’ deriva dal latino conficere, che significa “mettere insieme”, “fare insieme”. Il confettum era un qualcosa che si faceva già ai tempi dell’antica Roma. Tuttavia, allora mancava il saccarosio; la dolcificazione avveniva con il miele, che conteneva zuccheri più semplici (fruttosio e glucosio) che non cristallizzavano, lasciando un prodotto più appiccicoso.
Esistono documenti storici che riportano la ricetta originale dei confetti di Sulmona?
Sì, c’è un documento di uno storico locale, il De Nino, che non solo cita le 12 fabbriche, ma indica anche la ricetta, secondo cui il confetto si doveva fare senza l’aggiunta di farina o amido, quindi solo con mandorla e zucchero. Successivamente fu aggiunta la gomma arabica per far meglio attaccare lo zucchero alla mandorla. Il segreto, se così possiamo chiamarlo, sta in un’ingredientistica molto raffinata e nella semplicità: i nostri confetti alla mandorla oggi contengono solo mandorla, zucchero, gomma arabica e aroma vanillina.
Quali erano i tipi di confetti più particolari o diffusi ai tempi della fondazione?
A quei tempi, i confetti erano fatti con la mandorla, la nocciola e la cannellina. Quindi esistevano solo tre tipi: confetto alla mandorla, confetto alla nocciola e il cannellino (zucchero e cannella). A riprova di ciò, nel nostro museo sono conservati dei cannellini appartenuti a Giacomo Leopardi, ritrovati nella sua casa di Napoli.
Tra i clienti famosi, chi possiamo ricordare?
Totò e Pavarotti (che comprò i confetti per le sue seconde nozze), George Clooney, la Famiglia Reale del Qatar e dell’Arabia Saudita. Anche Chiara Ferragni ha acquistato i nostri confetti per il suo matrimonio con Fedez.
Secondo lei, è cambiato il profilo del consumatore?
Prima il confetto era il dolce principale del matrimonio, oggi è diventato quasi un accessorio. Una svolta si è avuta con la ‘confettata’, il buffet con vari gusti, perché il confetto si è evoluto: dopo mandorla, nocciola e cannella, sono entrati il cioccolato e altri ‘interni’ come il pistacchio o la scorza candita. Questo ha ampliato l’offerta, ma ha anche diminuito molto le quantità acquistate, a causa, anche, della diffusa “paura dello zucchero” inculcata in molti Paesi, tanto che in paesi come Brasile e Israele le scatole devono riportare un bollino rosso di avvertenza.
Come si è adattata un’azienda così tradizionale all’e-commerce e alla vendita globale?
Con l’aumento della diffusione del computer e l’obbligo di restare a casa durante la pandemia, anche in Italia c’è stata una forte crescita. Oggi, gran parte del nostro prodotto viaggia via internet, permettendoci di essere presenti in tutte le parti del mondo.
Cosa contiene il museo della vostra azienda?
Il museo, nato circa quarant’anni fa, raccoglie la nostra storia, le vecchie macchine, i documenti e le fatture del bisnonno; l’ingresso è libero perché volevamo creare un museo per noi stessi, per conservare la storia e l’identità culturale della famiglia. Da noi l’ospite viene a visitare la nostra casa.
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