Un’ondata epidemica precoce nel Sol Levante riaccende i riflettori sulla vaccinazione antinfluenzale e interroga gli esperti
Mentre in Europa si avvicina l’inverno, dall’altra parte del globo il Giappone ha dichiarato un’epidemia influenzale nazionale partita con cinque settimane di anticipo rispetto alla norma. Secondo i resoconti del Ministero della Salute sono centinaia di migliaia i casi registrati in pochi giorni, cui hanno seguito scuole chiuse e ospedali sotto pressione. In Giappone i virus influenzali cominciano tradizionalmente a circolare verso fine novembre. Quest’anno invece i contagi sono esplosi già a inizio ottobre. Al 10 del mese, le strutture mediche monitorate avevano già segnalato oltre seimila infezioni, superando la soglia che definisce un’epidemia. Ventotto delle 47 prefetture del Giappone hanno registrato picchi particolarmente elevati, con oltre dodici casi per struttura sanitaria.
Scuole chiuse e ospedali in affanno
Le conseguenze non si sono fatte attendere. A Tokyo, Okinawa e Kagoshima circa centotrenta scuole e asili nido hanno dovuto chiudere nelle ultime due settimane, il triplo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare una scuola elementare nella prefettura di Yamagata ha sospeso le lezioni dopo che ventidue studenti su trentasei hanno manifestato sintomi. Gli ospedali riferiscono di ambulatori affollati, specialmente nei reparti di pediatria e geriatria. In riposta il Ministero della Salute raccomanda uso di mascherine e isolamento, ma soprattutto fa appello alla somministrazione urgente dei vaccini, soprattutto per i più vulnerabili: anziani, malati e bambini.
I viaggi internazionali sotto accusa
Per gli scienziati diversi fattori hanno contribuito a creare la tempesta perfetta. Come riporta Nature, Vinod Balasubramaniam, virologo della Monash University in Malaysia, punta sull’aumento dei viaggi internazionali dopo la pandemia. I flussi turistici tra Australia e Giappone sono tornati ai livelli pre-Covid, creando un ponte ideale per i virus respiratori. Dall’Australia potrebbe essere arrivato il ceppo responsabile dell’epidemia giapponese. Durante l’inverno australe appena concluso, Australia e Nuova Zelanda hanno registrato un incremento significativo del ceppo H3N2, una variante dell’influenza A particolarmente diffusiva.
Il ruolo del cambiamento climatico
A questo si aggiunge il cambiamento climatico e la ridotta esposizione al virus negli ultimi anni. I climi più caldi e gli eventi meteorologici estremi potrebbero influenzare il modo e il momento in cui i virus influenzali si diffondono. Studi suggeriscono che le forti piogge e l’elevata umidità potrebbero creare condizioni ideali per la trasmissione, inducendo le persone a rimanere esposti a lungo nei luoghi chiusi. Il cambiamento climatico potrebbe anche influenzare la sopravvivenza del virus e i modelli di migrazione degli uccelli selvatici, influenzando ulteriormente i focolai. Infine la recente scoperta di ceppi di influenza aviaria nei mammiferi ha sollevato ulteriori preoccupazioni riguardo a possibili mutazioni tra specie.
Cosa aspettarsi
L’esperienza dell’emisfero australe ha sempre offerto un’anteprima di ciò che aspetta l’emisfero occidentale nei mesi invernali. Il picco precoce in Giappone fa parte di un aumento più generale dell’attività influenzale in tutta l’Asia, che coinvolge Singapore, Thailandia e India. I sistemi di monitoraggio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità stanno seguendo da vicino l’evoluzione dei ceppi circolanti. Sebbene sia improbabile che si trasformi in una pandemia globale, questo fenomeno potrebbe innescare focolai significativi nei paesi europei che si avviano verso l’inverno. È quindi naturale chiedersi come e se l’Italia è pronta ad affrontare l’eventuale criticità.
La strategia vaccinale italiana
La risposta principale è la prevenzione basata sulvaccino antinfluenzale. Il Ministero della Salute ha fissato obiettivi ambiziosi: raggiungere una copertura del 75% come livello minimo per le categorie a rischio, con un target ottimale del 95% secondo il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale. Le raccomandazioni ministeriali individuano le categorie prioritarie. Gli over 60 possono accedere gratuitamente alla vaccinazione e rimangono la fascia più esposta in termini di complicanze gravi e ricoveri. Nell’ultima campagna vaccinale indagata da PASSI d’Argento (2023-2024) il 62% degli ultra 65enni si è sottoposto a vaccinazione contro l’influenza , una percentuale che ha raggiunto il 74% tra gli ultra 85enni e il 69% fra le persone con patologie croniche. Risultati che si mantengono su valori più elevati rispetto al periodo pre-pandemico, ma che non risultano significativamente differenti. Per loro, come per le persone con patologie croniche cardiovascolari, respiratorie, metaboliche o oncologiche, la vaccinazione rappresenta uno scudo fondamentale. In aggiunta alle donne in gravidanza, agli operatori sanitari e ai bambini tra i sei mesi e i sei anni.
Cos’è la fatica vaccinale che preoccupa gli esperti
L’allarme proveniente dal Giappone preoccupa per la possibilità di una “twindemic”, una doppia epidemia. La circolazione contemporanea dell’influenza stagionale e del SARS-CoV-2 potrebbe, infatti, mettere sotto pressione i pronto soccorso e i reparti di degenza. Se il virus influenzale dovesse iniziare a circolare in Italia con lo stesso anticipo osservato in Asia, i tempi per organizzare una risposta efficace si ridurrebbero. La vaccinazione richiede circa due settimane per sviluppare una protezione completa, e attendere troppo potrebbe lasciare molte persone vulnerabili. Alcuni sanitari segnalano poi il fenomeno della ‘fatica vaccinale’. Dopo anni di intense campagne per il Covid-19, una parte della popolazione potrebbe manifestare riluttanza verso ulteriori vaccinazioni. Un rischio particolarmente marcato nelle fasce d’età meno abituate alla profilassi annuale contro l’influenza.
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