Microsoft interrompe definitivamente il supporto al sistema operativo dopo dieci anni di servizio. Circa 400 milioni di computer nel mondo rischiano l’obsolescenza mentre solo il 40% degli utenti è passato a Windows 11.
Una data segnata sul calendario da tempo
Il 14 ottobre 2025 ha rappresentato un momento di passaggio per il mondo dell’informatica. Da questa data Microsoft cessa ogni forma di assistenza per Windows 10, il sistema operativo che dal 2015 ha accompagnato miliardi di persone nel lavoro quotidiano, nello studio e nell’intrattenimento domestico. Non si tratta di un evento improvviso: l’azienda di Redmond ha comunicato questa scadenza con largo anticipo, eppure i dati recenti mostrano come quasi la metà degli utenti sia ancora ferma alla vecchia versione.
Secondo le rilevazioni del sito Statcounter relative a settembre, Windows 10 mantiene una quota del 40% sul mercato desktop globale, una percentuale che tradotta in numeri assoluti significa centinaia di milioni di dispositivi. Una situazione paradossale se si considera che Windows 11 è disponibile da ormai quattro anni, ma che racconta la complessità di una transizione mai semplice quando si parla di tecnologia di massa.
La fine del supporto non implica che i computer si spegneranno improvvisamente, ma segna l’inizio di un percorso verso l’obsolescenza che avrà conseguenze concrete sulla sicurezza e sull’affidabilità dei dispositivi.
Cosa significa davvero “fine del supporto”
L’espressione tecnica è “end of support” e racchiude una cesura ben precisa nella vita di un software. Dal 15 ottobre Microsoft interrompe la distribuzione di aggiornamenti, patch di sicurezza e correzioni di errori per Windows 10. Il sistema continuerà a funzionare normalmente, le applicazioni già installate gireranno come sempre, ma ogni vulnerabilità scoperta dopo quella data resterà aperta. Nessun intervento correttivo arriverà più da Redmond.
La questione diventa seria quando si considera il ritmo con cui vengono individuate e sfruttate le falle nei sistemi informatici. Ogni mese gli hacker scoprono nuovi modi per penetrare nei computer e ogni mese Microsoft rilascia correzioni che chiudono queste porte. Senza questi interventi, un dispositivo con Windows 10 diventerà progressivamente più esposto. Chi utilizza il computer soltanto per navigare o guardare video potrà non accorgersene subito, ma chiunque gestisca dati sensibili, lavori online o utilizzi servizi bancari dovrà confrontarsi presto con rischi concreti.
Non si tratta soltanto di malware o virus. La fine del supporto coinvolge anche la compatibilità con le applicazioni più recenti. Microsoft 365, ad esempio, continuerà a funzionare su Windows 10 ma senza ottimizzazioni o aggiornamenti, con il rischio di incontrare malfunzionamenti.
Lo stesso vale per driver di stampanti, scanner e periferiche esterne: i produttori tenderanno a concentrare gli sforzi sui sistemi operativi ancora supportati, lasciando indietro chi resta sulla vecchia piattaforma.
Il programma di estensione: un anno in più a pagamento
Microsoft ha previsto una sorta di salvagente per chi non riesce a effettuare il passaggio entro ottobre. Si chiama Extended Security Updates (ESU) ed è un programma che garantisce un anno aggiuntivo di patch di sicurezza critiche fino al 2026. Non è però una soluzione gratuita né definitiva: per accedervi sarà necessario pagare e collegare il proprio dispositivo a un account Microsoft, abbandonando gli account locali che molti ancora utilizzano.
Il costo del programma ESU si aggira attorno ai 30 dollari per il primo anno, con la possibilità di estenderlo anche per un secondo anno a tariffe crescenti. Una cifra contenuta se paragonata all’acquisto di un nuovo computer, ma che rappresenta comunque una spesa aggiuntiva per chi sperava di allungare ulteriormente la vita del proprio dispositivo. Gli aggiornamenti forniti saranno limitati alle vulnerabilità più gravi e non copriranno nuove funzionalità o miglioramenti generali del sistema. È, in sostanza, una misura transitoria pensata per dare tempo alle aziende e agli utenti più lenti nella migrazione, non una strategia di lungo periodo.
I rischi per chi resta indietro
Continuare a utilizzare Windows 10 dopo la fine del supporto non è tecnicamente impossibile, ma comporta una serie crescente di problemi. Il primo riguarda la sicurezza informatica: senza aggiornamenti, ogni nuova minaccia diventa un pericolo reale. Le reti Wi-Fi pubbliche, i siti di phishing, i file scaricati da internet possono trasformarsi in veicoli per attacchi che su un sistema aggiornato verrebbero bloccati automaticamente.
Chi lavora in ambito professionale deve considerare anche le implicazioni normative. Utilizzare un sistema operativo non supportato può costituire una violazione delle policy aziendali sulla sicurezza informatica e, in alcuni casi, delle normative sulla protezione dei dati personali. Per questo molte imprese stanno già pianificando la sostituzione dei computer obsoleti, consapevoli che i rischi superano ampiamente i costi dell’aggiornamento.
Sul fronte software, la situazione non è migliore. Browser come Chrome e Firefox continueranno probabilmente a supportare Windows 10 ancora per qualche tempo, ma senza garanzie di lunga durata. Molte applicazioni professionali e programmi di uso comune inizieranno a richiedere Windows 11 come requisito minimo, lasciando gli utenti della vecchia versione con software datato e potenzialmente meno sicuro.
Le alternative possibili
Per chi possiede un computer compatibile, il passaggio a Windows 11 resta l’opzione più logica. L’aggiornamento è gratuito e relativamente semplice: basta verificare attraverso l’apposito strumento di Microsoft che il dispositivo soddisfi i requisiti tecnici.
Chi scopre di avere un computer incompatibile, si trova davanti a scelte più difficili. Restare su Windows 10 con il programma ESU offre solo una breve proroga. Migrare verso sistemi operativi alternativi come Linux o ChromeOS Flex può essere una soluzione valida per utenti esperti, ma rappresenta una curva di apprendimento ripida per chi è abituato all’ambiente Windows da decenni. La realtà è che per molti la risposta più pratica sarà l’acquisto di un nuovo computer, una spesa significativa ma giustificata dal salto tecnologico degli ultimi anni in termini di velocità, efficienza energetica e autonomia.
La vicenda di Windows 10 non è soltanto la storia di un sistema operativo che va in pensione. Racconta anche quanto sia difficile gestire transizioni tecnologiche su scala globale, con centinaia di milioni di utenti che hanno esigenze, conoscenze e disponibilità economiche diverse.
Microsoft ha concesso dieci anni di supporto, un periodo lunghissimo per gli standard del settore, eppure moltissimi non hanno ancora fatto il salto.
Nei prossimi mesi si capirà se la fine del supporto accelererà davvero la migrazione verso Windows 11 o se milioni di utenti continueranno a utilizzare dispositivi non aggiornati, accettando i rischi pur di non affrontare il cambiamento. Una cosa è certa: dopo dieci anni di onorato servizio, Windows 10 esce di scena lasciando un vuoto che non sarà facile colmare per chi, volente o nolente, dovrà dire addio a una piattaforma diventata parte della routine quotidiana.
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