Un fenomeno in crescita che colpisce soprattutto famiglie numerose, stranieri e il Mezzogiorno
In Italia oltre 5,7 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta, il 9,8% della popolazione residente. Si tratta, in pratica, di oltre due milioni di nuclei familiari, l’8,4% del totale, che faticano quotidianamente a soddisfare i bisogni essenziali. Numeri che, seppur stabili rispetto all’anno precedente, raccontano l’escalation: appena dieci anni fa, le famiglie in questa condizione erano meno di un milione e mezzo, pari al 5,7% del totale. Un incremento che testimonia il disagio economico del tessuto sociale italiano, fotografato dall’Istat.
Il divario tra italiani e stranieri
Quando si analizza il fenomeno della povertà assoluta emerge una frattura profonda lungo la linea della cittadinanza. Le famiglie con almeno un componente straniero registrano un’incidenza del 30,4%, una percentuale che schizza al 35,2% quando tutti i membri sono di origine straniera. Al contrario, i nuclei composti esclusivamente da cittadini italiani mostrano un’incidenza molto più contenuta, pari al 6,2%. Questi dati evidenziano come l’integrazione economica rappresenti ancora una sfida aperta, con le comunità straniere che sopportano un carico sproporzionato di vulnerabilità sociale ed economica.
Geografia della disparità
La distribuzione geografica della povertà assoluta conferma le storiche disparità territoriali del Paese. Il Mezzogiorno si conferma l’area più colpita, con oltre 886mila famiglie in difficoltà e un’incidenza del 10,5%. Il Nord-ovest segue con 595mila nuclei familiari coinvolti e un tasso dell’8,1%, mentre il Nord-est registra quasi 395mila famiglie in condizione di indigenza, pari al 7,6% del totale. Il Centro Italia presenta i valori più contenuti, con 349mila famiglie e un’incidenza del 6,5%. Guardando alla distribuzione complessiva, quasi il 40% delle famiglie povere risiede nelle regioni meridionali, mentre il Nord ne accoglie il 44,5% e il Centro il restante 15,7%. Una mappa che riflette non solo differenze economiche, ma anche diverse opportunità occupazionali e livelli di sviluppo infrastrutturale.
Famiglie numerose e monogenitore: i più vulnerabili
La dimensione del nucleo familiare gioca un ruolo determinante nell’esposizione al rischio di indigenza. Le famiglie con cinque o più componenti presentano un’incidenza allarmante del 21,2%, che scende all’11,2% per quelle con quattro membri. Le coppie con tre o più figli vedono quasi un nucleo su cinque alle prese con la povertà assoluta, con un tasso del 19,4%. Anche le famiglie monogenitore affrontano difficoltà considerevoli: più di una su dieci vive in condizioni di indigenza estrema, con un’incidenza dell’11,8%. Questi dati suggeriscono come il carico economico legato al mantenimento di più persone, unito spesso alla presenza di un unico percettore di reddito, costituisca un fattore di rischio significativo.
Istruzione e lavoro: le variabili decisive
Il livello di istruzione emerge come elemento cruciale nella prevenzione della povertà assoluta. Quando la persona di riferimento della famiglia ha conseguito almeno un diploma di scuola superiore, l’incidenza si ferma al 4,2%. Il dato triplica, raggiungendo il 12,8%, se il titolo di studio massimo è la licenza media, per poi salire ulteriormente al 14,4% in presenza della sola licenza elementare. Un gradiente che sottolinea l’importanza dell’istruzione come ascensore sociale e strumento di protezione economica.
Famiglie operaie e con disoccupati: le più colpite
Sul fronte occupazionale, tra le famiglie con un lavoratore dipendente come persona di riferimento l’incidenza si attesta all’8,7%, ma balza al 15,6% quando si tratta di operai. Gli indipendenti non imprenditori né liberi professionisti registrano un’incidenza del 7,4%, mentre i nuclei con pensionati mostrano valori più contenuti, pari al 5,8%. La situazione più critica riguarda le famiglie con una persona in cerca di occupazione: qui l’incidenza della povertà assoluta raggiunge il 21,3%, evidenziando come la mancanza di un reddito stabile costituisca il fattore di vulnerabilità più grave.
Povertà relativa: l’area grigia del disagio
Accanto alla povertà assoluta, definita dalla capacità di soddisfare bisogni fondamentali, esiste quella relativa, che misura l’esclusione dai livelli di vita considerati normali in una determinata società. Nel 2024 l’incidenza tra le famiglie si attesta al 10,9%, coinvolgendo oltre 2,8 milioni di nuclei, in leggera crescita rispetto al 10,6% dell’anno precedente. Tra gli individui l’aumento è più marcato: dal 14,5% del 2023 si passa al 14,9% del 2024, con oltre 8,7 milioni di persone interessate. Queste cifre descrivono un’area grigia di difficoltà economiche che, pur non raggiungendo l’estrema indigenza, limitano significativamente la partecipazione alla vita sociale e culturale.
Le soglie che definiscono la povertà
Per comprendere i numeri occorre chiarire i criteri utilizzati. Una famiglia viene classificata in povertà assoluta quando la sua spesa mensile risulta pari o inferiore a una soglia che varia in base alla dimensione del nucleo, alla composizione per età, alla regione e al tipo di comune di residenza. Per la povertà relativa, invece, le soglie di riferimento sono fisse: 1.984 euro mensili per quattro persone, 730 euro per una persona sola, 2.631 euro per sei persone. Parametri che traducono in cifre concrete il confine tra inclusione ed esclusione economica. Il quadro che emerge dall’analisi dei dati sulla povertà assoluta in Italia racconta di un Paese ancora profondamente diviso, dove le disuguaglianze si stratificano lungo molteplici dimensioni: territoriali, educative, occupazionali, generazionali.
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