Grecia, Italia e Polonia tra i paesi più esposti. Un fenomeno che ridisegnerà le coste del continente nei prossimi secoli
L’innalzamento del livello del mare rappresenta ormai una realtà concreta per milioni di abitazioni e infrastrutture in tutto il mondo. Un nuovo studio canadese, pubblicato sulla rivista Urban Sustainability, avverte che continuando a bruciare combustibili fossili al ritmo attuale, nei prossimi secoli oltre 100 milioni di edifici finiranno sott’acqua. La ricerca costituisce la prima valutazione su larga scala degli impatti futuri sulle costruzioni costiere, edificio per edificio. Gli scienziati hanno utilizzato mappe satellitari dettagliate per stimare quanti immobili verrebbero sommersi in diversi scenari di aumento del livello marino, dai 50 centimetri fino ai 20 metri. Anche nell’ipotesi più ottimistica, almeno tre milioni di costruzioni subiranno allagamenti regolari.
Un fenomeno inarrestabile legato al riscaldamento globale
“L’innalzamento del livello del mare è una conseguenza lenta ma inarrestabile del riscaldamento che sta già colpendo le popolazioni costiere e continuerà per secoli”, spiega la coautrice Natalya Gomez. La scienziata sottolinea come spesso si parli di aumenti di pochi decimetri o al massimo un metro, ma che in realtà il livello potrebbe salire di molti metri se non si blocca rapidamente la combustione di fonti fossili. Lo scenario peggiore delineato dai ricercatori prevede un aumento di cinque metri o più entro qualche centinaio di anni. In questo caso, le conseguenze sarebbero gravissime: oltre 100 milioni di edifici finirebbero in zone ad alto rischio di inondazione permanente. Molte di queste strutture si trovano in aree densamente popolate e a bassa altitudine, il che significa che intere comunità, infrastrutture critiche e quartieri residenziali verrebbero spazzati via.
L’Europa paga il conto più salato
Sebbene lo studio si concentri principalmente sui paesi del Sud globale – Africa, Sud-est asiatico, America centrale e meridionale – l’Europa non è esente da questa emergenza. Una ricerca pubblicata su Scientific Reports nel 2024 ha calcolato che, in uno scenario di emissioni elevate, l’innalzamento del livello del mare potrebbe costare all’Unione Europea e al Regno Unito ben 872 miliardi di euro entro il 2100. Lo studio ha incrociato dati su 155 eventi alluvionali verificatisi tra il 1995 e il 2016 con modelli previsionali sull’aumento del livello marino, ipotizzando una crescita economica annua del 2% in tutte le regioni analizzate. I risultati hanno individuato le zone più vulnerabili: Veneto ed Emilia-Romagna in Italia, diverse aree lungo il Mar Baltico, la costa belga, la Francia occidentale e la Grecia.
Città europee già in ginocchio
Gli effetti dell’innalzamento del livello del mare non sono solo proiezioni future: stanno già colpendo alcune tra le maggiori città d’Europa. A Barcellona, i residenti temono che le spiagge artificiali vengano letteralmente inghiottite dai cambiamenti climatici. Nel 2019, Venezia ha vissuto inondazioni catastrofiche legate all’aumento del livello marino e alle precipitazioni intense, con danni per centinaia di milioni di euro. La Basilica di San Marco ha subito gravi deterioramenti e attualmente è oggetto di un restauro costoso. Anche in Grecia la situazione è critica. Sull’isola di Delo, siti patrimonio mondiale dell’UNESCO hanno già registrato danni strutturali a causa dell’incremento delle inondazioni. Anche la Piccola Venezia di Mykonos rischia di scomparire. Esempi che dimostrano come l’innalzamento del livello del mare non sia un problema astratto o lontano nel tempo, ma una realtà con cui fare i conti già oggi.
Quartieri interi cancellati dalle mappe
Jeff Cardile, coautore della prima ricerca, ammette di essere rimasto sorpreso dal numero elevato di edifici minacciati anche da aumenti relativamente modesti nel lungo periodo. “Alcuni paesi costieri risultano molto più esposti di altri a causa dei dettagli della topografia costiera e della distribuzione degli edifici”, precisa lo studioso. Il rischio riguarda intere comunità: quando parliamo di milioni di costruzioni sommerse, parliamo di quartieri che scompariranno, di persone costrette ad abbandonare le proprie case, di economie locali destabilizzate. Gli scienziati concordano: ridurre drasticamente le emissioni di combustibili fossili rimane l’unica strada percorribile per limitare i danni. Parallelamente, i governi devono investire in opere di adattamento – dighe, barriere mobili, sistemi di drenaggio avanzati – e pianificare la ricollocazione delle comunità più esposte. L’Unione Europea ha già stanziato fondi significativi per la protezione costiera, ma molto resta ancora da fare.
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