Il futuro del Servizio Sanitario Nazionale è a un passo dalla tempesta perfetta tra invecchiamento del personale e aumento della popolazione anziana
Nei prossimi dieci anni, oltre 150mila professionisti tra medici, infermieri e operatori socio-sanitari lasceranno il lavoro per raggiunti limiti d’età. Non si tratta di un’ipotesi, ma di una certezza resa dai numeri: più di un terzo del personale sanitario, infatti, ha superato i 55 anni e si avvicina inesorabilmente alla pensione. A lanciare l’allarme è il rapporto recentemente pubblicato da Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che analizza i dati del 2023 e traccia scenari preoccupanti per il futuro della sanità pubblica.
Un Paese sempre più anziano
Il contesto demografico rende la situazione ancora più complessa. L’Italia vanta una delle popolazioni più anziane al mondo: gli over 65 rappresentano oggi il 24,3% della popolazione totale e le stime indicano che nel 2050 questa percentuale raggiungerà il 34,6%. Gli ultra-ottantacinquenni, ricorda sempre il rapporto Agenas, potrebbero passare dall’attuale 3,9% al 7,2%. Questo invecchiamento progressivo comporterà inevitabilmente una maggiore incidenza delle patologie cronico-degenerative, con ricadute evidenti sullo stato di salute generale e sui costi che il sistema dovrà sostenere.
I numeri dell’esodo
Secondo il documento diffuso da Agenas, nel 2023 i dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale ammontavano a 701.170 unità, con una crescita di quasi l’8% rispetto al 2019. L’aumento registrato dal personale sanitario durante gli anni della pandemia, tuttavia, non è bastato a ringiovanire un organico con chiari segni di invecchiamento. Infatti, 249.871 operatori, pari al 35,65% del totale, hanno già superato i 55 anni. Tra i medici ospedalieri la percentuale di over 55 raggiunge il 39,5%, mentre tra gli infermieri si attesta al 29,13% e tra gli operatori socio-sanitari quasi al 12%. Da qui al 2035 i pensionamenti ammontano a cifre impressionanti: 30mila medici ospedalieri, oltre 20mila medici di famiglia, 78mila infermieri e 26mila operatori socio-sanitari lasceranno il servizio raggiungendo l’età pensionabile, fissata a 70 anni per i medici e 67 per le altre categorie.
La “gobba pensionistica”
Il rapporto Agenas individua la causa del potenziale rischio di mancato turnover: il protrarsi del blocco delle assunzioni ha interrotto la regolare alimentazione dei ruoli, determinando l’innalzamento dell’età media e creando quella che tecnicamente viene definita “gobba pensionistica”. Un problema che riguarda tutto il personale sanitario ma che appare particolarmente minaccioso per le figure già carenti, in primis gli infermieri, le figure che già ad oggi mancano di più. Per loro il ricambio dei 78mila pronti a uscire nel 2035 sembra sempre più difficile visto che ancora troppi pochi giovani si iscrivono ai corsi di laurea.
Medici ospedalieri: situazione sotto controllo
Per quanto riguarda i medici ospedalieri, la situazione presenta luci e ombre. Dopo la contrazione del decennio scorso, le borse di specializzazione sono triplicate rispetto a dieci anni fa. I posti disponibili al percorso di laurea in Medicina sono saliti quest’anno a oltre 24mila, mentre le borse di specializzazione viaggiano su una media di 15mila all’anno. Permangono tuttavia preoccupazioni per alcune specializzazioni critiche come Emergenza Urgenza, Anestesia e Rianimazione, Radioterapia, Microbiologia e Virologia, dove si registra un numero elevato di borse non assegnate. Il rapporto evidenzia addirittura il rischio opposto: fatte salve queste specialità, in futuro potrebbe verificarsi un eccesso di medici specialisti.
Medici di famiglia: l’emorragia continua
Ben diversa è la situazione per i medici di famiglia. In dieci anni il loro numero si è ridotto di oltre 7mila unità, passando dai 45mila del 2013 ai 38mila del 2023. Con 68,1 medici di famiglia ogni 100mila abitanti, l’Italia si colloca significativamente indietro rispetto ad altri Paesi europei: in Germania se ne contano 72,8, in Francia addirittura 96,6. La carenza di medici di medicina generale rappresenta un problema strutturale che incide direttamente sulla capacità del sistema di garantire l’assistenza di prossimità, soprattutto per una popolazione sempre più anziana.
L’emergenza infermieri
La situazione più critica riguarda però il personale infermieristico. L’Italia conta appena 6,86 infermieri per mille abitanti, ben al di sotto della media europea di 8,26. Nei prossimi dieci anni, circa 78mila infermieri raggiungeranno l’età pensionabile e molti di loro rischiano concretamente di non essere sostituiti. Il problema non è solo quantitativo ma anche qualitativo: da alcuni anni, nonostante l’incremento del numero di posti disponibili nei corsi di laurea, si registra una progressiva riduzione delle domande di iscrizione. I giovani sembrano sempre meno attratti da questa professione, probabilmente a causa delle condizioni di lavoro difficili, dei turni estenuanti e delle retribuzioni considerate inadeguate. Come sottolinea il rapporto Agenas, la disponibilità di infermieri può essere incrementata nel medio e lungo termine, solo a condizione che si disponga di efficaci sistemi di programmazione e di risorse economiche adeguate.
La soluzione: programmazione e incentivi
Affrontare i bisogni sanitari della popolazione non può prescindere dalla disponibilità di un congruo numero di professionisti. Serve un’accurata pianificazione volta al corretto bilanciamento delle varie figure professionali, a una distribuzione territoriale adeguata e una diversificazione proporzionale all’incidenza delle diverse patologie.
La pianificazione dovrebbe operare come leva strategica che, partendo dalla valutazione del fabbisogno, consideri realisticamente la proiezione futura per adottare tempestivamente un sistema di incentivi capace di rendere più attrattivi i profili dove si prevedono carenze maggiori. Come insegna l’esperienza di altri Paesi europei, l’offerta formativa deve, però, coordinarsi con incentivi concreti.
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