Meta e OpenAI rivoluzionano il concetto di contenuto digitale con video generati dall’intelligenza artificiale
I social media tradizionali sono in crisi e stanno pensando ad una trasformazione radicale. Nonostante l’introduzione massiccia di filtri sempre più sofisticati e l’integrazione dell’intelligenza artificiale in ogni strumento di creazione, i colossi del settore sembrano aver preso atto di un problema fondamentale: i loro ecosistemi, nati come spazi di connessione, si sono trasformati in trappole di isolamento e distrazione. La risposta dei giganti tech a questa crisi identitaria non si è fatta attendere. Ed ha già un nome.
La nuova frontiera: Vibes e Sora
Meta – che controlla Instagram, Facebook e WhatsApp – e OpenAI hanno lanciato rispettivamente Vibes e Sora, due nuove piattaforme progettate per ospitare brevi video creati dall’intelligenza artificiale. Si tratta di un cambio di paradigma significativo nel modo in cui concepiamo i social media e l’intelligenza artificiale. Non si parla più di semplici strumenti di supporto alla creatività umana, ma di veri e propri motori di produzione di contenuti. Negli Stati Uniti hanno subito trovato un’etichetta per questo fenomeno: “AI slop”, traducibile come “sbobba artificiale”. Un termine che indica creator senza particolari competenze tecniche in grado di produrre (remunerative) animazioni fantasiose, creature inventate e deepfake di personaggi famosi.
L’involuzione dei social media verso la passività
I contenuti che popolano queste piattaforme sono progettati esclusivamente per l’intrattenimento immediato, privi di qualsiasi valore informativo o culturale. L’obiettivo è di stimolare la produzione di dopamina, sorprendere, catturare l’attenzione per qualche secondo prima che l’utente passi al contenuto successivo. Il pubblico principale è composto da adolescenti e ventenni, ma sarebbe riduttivo addossare la responsabilità alle nuove generazioni. L’evoluzione dei social media verso piattaforme passive ha radici profonde, che risalgono all’affermazione di TikTok. Da quel momento si è avviata una trasformazione progressiva: lo scrolling ha sostituito la conversazione, il consumo passivo ha preso il posto della partecipazione attiva. L’IA rappresenta l’accelerazione finale di questa tendenza, destinata a rendere like, commenti e discussioni un ricordo del passato. La logica dominante è ormai massimizzare il tempo trascorso a scorrere il feed senza creare dialogo o esprimere opinioni.
Deepfake consensuali: l’innovazione di Sora
La caratteristica più distintiva e controversa di Sora sono i “camei”. Gli utenti possono caricare i propri dati biometrici – volto e voce – per vedere la propria immagine digitale animata nei video generati dall’intelligenza artificiale. Non si parla di furto d’identità. Il sistema prevede, infatti, che chi presta il proprio aspetto mantenga il controllo. L’autorizzazione è revocabile in qualsiasi momento e l’utente diventa co-proprietario del contenuto insieme al creator che lo realizza. La relazione tra social media e intelligenza artificiale diventa qui particolarmente delicata sul fronte del copyright: l’uso del volto e della voce non è libero, ma vincolato a un consenso esplicito. OpenAI prova così a introdurre un modello innovativo di gestione dei diritti sull’identità digitale, qualcosa che le piattaforme tradizionali non hanno mai affrontato con la dovuta serietà.
Il copyright nell’era dell’IA
La teoria è affascinante, ma la pratica è un’altra storia. Gli utenti di Sora si stanno già divertendo a violare le leggi sul copyright, creando video con personaggi di proprietà di grandi studi cinematografici e case di produzione. In alcuni casi, questi personaggi vengono persino usati per criticare ironicamente l’approccio di OpenAI al diritto d’autore: circolano già video in cui Pikachu e SpongeBob interagiscono con deepfake di Sam Altman, CEO di OpenAI. In un post pubblicato di recente, proprio Altman ha annunciato modifiche alla piattaforma. L’obiettivo è dare ai titolari dei diritti “un controllo più granulare sulla generazione dei personaggi”. La parola chiave è “opt-in”: OpenAI impedirà agli utenti di creare video con personaggi protetti, a meno che gli studi non abbiano esplicitamente concesso il permesso.
Il modello economico del futuro
La questione più complessa riguarda la monetizzazione. Ossia come funzioneranno i social media e intelligenza artificiale dal punto di vista economico. La soluzione proposta da Altman prevede una condivisione dei ricavi tra chi genera i video e i detentori dei diritti. I dettagli operativi rimangono ancora vaghi, ma l’idea di fondo è creare un ecosistema dove la creatività guidata dall’intelligenza artificiale possa convivere pacificamente con la tutela della proprietà intellettuale. Il modello ricorda per certi versi quello delle piattaforme musicali in streaming, dove artisti e case discografiche ricevono royalty per ogni riproduzione. Applicato ai contenuti video generati dall’AI, questo sistema potrebbe effettivamente rappresentare un compromesso accettabile.
L’enshittification dei social
Lo scrittore Cory Doctorow ha coniato un termine per descrivere questa deriva: “enshittification”. Il neologismo descrive un processo di degrado progressivo in cui piattaforme inizialmente utili e innovative si trasformano gradualmente in spazi sempre meno funzionali per gli utenti, sempre più orientati agli interessi commerciali delle aziende che le controllano. Il rapporto tra social media e intelligenza artificiale sembra incarnare perfettamente questo concetto. Quello che era nato come strumento per avvicinare le persone, per condividere momenti ed emozioni, si sta trasformando in una macchina per la produzione industriale di contenuti usa e getta. La qualità cede il passo alla quantità, l’autenticità viene sostituita dalla simulazione, la creatività umana rischia di essere soffocata dalla generazione automatica.
Uno sguardo al futuro
Mentre Vibes e Sora promettono nuove frontiere creative e modalità inedite di espressione digitale, il rischio concreto è che rappresentino soltanto l’ennesimo capitolo di questa storia di progressivo svilimento. Social media che smettono di essere davvero social, contenuti generati in massa senza anima né sostanza, utenti trasformati in consumatori passivi di intrattenimento effimero. L’integrazione tra social media e intelligenza artificiale potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. Da un lato, offre strumenti di creazione accessibili a tutti. Dall’altro, rischia di produrre un mare di contenuti indistinguibili, dove diventa sempre più difficile riconoscere cosa è autentico e cosa è generato artificialmente.
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