L’economia della cura sta trasformando il contributo degli anziani da necessità privata a risorsa pubblica da valorizzare
Oggi, 2 ottobre, si celebra la festa dei nonni. Una ricorrenza che quest’anno assume un significato particolare: in diversi Paesi europei, infatti, il loro contributo nell’accudire i bambini sta diventando oggetto di politiche pubbliche concrete. Dall’Europa all’Italia, cresce l’attenzione verso chi si occupa quotidianamente dei nipoti mentre i genitori lavorano. L’idea di fondo è di riconoscere economicamente il lavoro di cura che i nonni svolgono quotidianamente. Un approccio che punta a rispondere a diverse emergenze sociali, dalla carenza cronica di posti negli asili nido al crollo dell’occupazione femminile. Fino al declino demografico che attraversa il continente. Senza dimenticare un altro aspetto: alleggerire il peso economico sulle famiglie giovani, sempre più schiacciate tra stipendi stagnanti e costi crescenti.
Il modello croato: 360 euro al mese ai nonni
La città croata di Samobor, vicino Zagabria, ha dato vita a uno dei progetti più interessanti. Dallo scorso marzo, i pensionati che accudiscono nipoti fino ai quattro anni ricevono 360 euro mensili. Una cifra solo apparentemente modesta se rapportata alle pensioni locali, ferme in media a 550 euro. Ma l’aspetto economico rappresenta solo una faccia della medaglia. Le autorità croate puntano, infatti, su obiettivi meno quantificabili ma ugualmente importanti. Rafforzare i legami familiari e contrastare l’isolamento sociale che colpisce una popolazione sempre più anziana. L’economia della cura diventa così strumento di coesione intergenerazionale, tra persone che condividono tempo, affetti e responsabilità. Uno sperimento simile è condotto a Cascais, in Portogallo. Qui i dipendenti pubblici che diventano nonni beneficiano di un mese di congedo retribuito.
Svezia: congedi parentali trasferibili ai nonni
Dal 1° luglio 2024, in Svezia è in vigore una legge che consente ai genitori di cedere parte del proprio congedo parentale retribuito anche a persone non legalmente responsabili del bambino, come i nonni. I pensionati, che sono i principali beneficiari, possono usufruire di un’indennità calcolata sul loro reddito pensionistico. La riforma, che permette di trasferire fino a 45 giorni, ha l’obiettivo di offrire alle famiglie maggiore flessibilità per conciliare vita lavorativa e impegni familiari. Il modello scandinavo dimostra come si possano coniugare esigenze produttive e bisogni di cura senza sacrificare né l’una né gli altri.
Regno Unito: crediti previdenziali per chi accudisce i nipoti
Oltremanica, il Regno Unito ha adottato un approccio diverso ma altrettanto significativo. I pensionati che presentano lacune nella documentazione previdenziale possono ottenere crediti dallo Stato se si occupano dei nipoti. Per l’anno fiscale 2025-2026 il valore è fissato a 330 sterline annue. I numeri delle richieste raccontano un fenomeno in crescita: quasi 43mila domande tra 2023 e 2024, con un balzo del 43% rispetto ai dodici mesi precedenti. Complessivamente, negli ultimi cinque anni sono state presentate quasi 132mila richieste, di cui oltre 104mila approvate.
Le differenze tra i Paesi europei
Riguardo il contributo offerto dai nonni al sostegno familiare, i dati europei restituiscono un quadro composito. Secondo uno studio pubblicato nel 2023 dall’European Journal of Ageing, esistono, infatti, profonde differenze tra i Paesi membri. In Lettonia solo il 24% dei nonni si occupa regolarmente dei nipoti, dato simile a quello di Romania, Bulgaria e Lituania. All’estremo opposto si colloca il Belgio, dove la percentuale raggiunge il 60%, seguito dai Paesi Bassi con il 46%. Differenze che riflettono non solo culture familiari diverse, ma anche l’efficacia dei servizi pubblici e le condizioni del mercato del lavoro locale.
L’economia della cura nel lavoro invisibile dei nonni
Secondo i dati Istat, si stima che i nonni in Italia siano oltre 12 milioni di persone. Questo dato si fonda su diverse osservazioni chiave dell’Istituto: più del 70% degli anziani con oltre 80 anni ha nipoti e l’età media per diventare nonni è di circa 54 anni per gli uomini e 57 anni per le donne. L’importanza di questa fascia demografica è evidente: circa 14,5 milioni di over 65 a fronte di soli 9 milioni di minori. I numeri testimoniano quanto il contributo degli anziani sia già oggi centrale nelle strategie di conciliazione vita-lavoro di milioni di famiglie. Riconoscerlo formalmente, attraverso politiche pubbliche mirate, significa dare dignità a un lavoro invisibile ma essenziale. Significa anche ammettere che i sistemi tradizionali di welfare non riescono più a rispondere adeguatamente ai bisogni di una società profondamente cambiata.
La Legge di Bilancio 2025: welfare aziendale per gli ascendenti
Tuttavia, mentre altri Paesi europei hanno iniziato a tradurre questo contributo in forme di sostegno diretto agli anziani, l’Italia ha scelto una strada differente. La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una modifica che va nella direzione opposta. Non sono le amministrazioni a pagare i nonni, ma le famiglie che possono ora utilizzare i crediti welfare aziendali per coprire spese legate all’assistenza degli ascendenti. La riforma ha modificato l’articolo 12 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, ampliando la definizione di familiari beneficiari dei piani welfare. Accanto a coniugi e figli, sono stati inclusi esplicitamente gli ascendenti: genitori, nonni, bisnonni e altri parenti in linea retta. Prima della modifica, i nonni rientravano in queste misure solo indirettamente o in assenza dei genitori. Ora la loro presenza è riconosciuta in via diretta per servizi di utilità sociale, spese di istruzione e assistenza.
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