L’Agenzia Ue per l’ambiente: inquinamento da Pfas, siccità e deterioramento idrico mettono a rischio salute e futuro
Secondo l’analisi condotta dall’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), il 62 % di fiumi, laghi e zone costiere si trova in cattivo stato ecologico. Si tratta di un peggioramento significativo rispetto al 40 % rilevato nel 2020, che testimonia quanto velocemente la crisi idrica stia degenerando. Solo il 37 % delle acque dolci europee può essere classificato come in buono o alto stato di salute. Una percentuale che appare insufficiente se confrontata con gli obiettivi di sostenibilità che l’Unione si è data. Il documento quinquennale dell’EEA rappresenta uno strumento fondamentale per monitorare le condizioni ambientali, climatiche e di sostenibilità nel continente. L’edizione di quest’anno mette sotto i riflettori l’impatto devastante dei microinquinanti, con particolare attenzione ai Pfas. Queste sostanze chimiche, che persistono nell’ambiente senza decomporsi, sono ormai diffuse capillarmente nelle acque europee e rappresentano una minaccia crescente per la salute pubblica e gli ecosistemi.
La crisi idrica non riguarda solo la qualità
Oltre al deterioramento qualitativo delle acque, il rapporto evidenzia come circa il 30 % del territorio europeo sia esposto a un rischio concreto di siccità. Il 34 % dei cittadini potrebbe, così, ritrovarsi senza accesso all’acqua in determinati periodi dell’anno. Una realtà già in atto in diverse regioni del continente. Le attività agricole e la silvicoltura sono i principali responsabili dello stress idrico e della perdita di biodiversità. L’uso intensivo delle risorse idriche per l’irrigazione, unito all’impiego massiccio di pesticidi e fertilizzanti, crea un circolo vizioso che compromette la capacità degli ecosistemi di rigenerarsi. La gestione non sostenibile del suolo e delle foreste aggrava ulteriormente la crisi idrica. Riduce infatti la capacità naturale dei territori di trattenere e filtrare l’acqua.
Il costo dell’inazione ambientale
L’EEA ha calcolato che i costi derivanti dalla mancata attuazione delle politiche ambientali dell’Unione ammontano a circa 180 miliardi di euro all’anno. Una cifra che comprende non solo l’inquinamento di aria e acqua, ma anche il degrado degli ecosistemi e la gestione inefficiente dei rifiuti. Come ha sottolineato Leena Ylä-Mononen, direttrice dell’Agenzia, “non possiamo permetterci di ridurre le nostre ambizioni in materia di clima, ambiente e sostenibilità”. L’Europa deve mantenere rotta e accelerare le proprie ambizioni climatiche e ambientali. Gli eventi meteorologici estremi degli ultimi anni hanno dimostrato chiaramente quanto diventino fragili la prosperità e la sicurezza quando la natura si degrada e gli impatti climatici si intensificano.
L’Italia tra progressi e sfide aperte
L’Italia sta compiendo passi in avanti verso la sostenibilità, con lo sviluppo dell’agricoltura biologica e la crescita delle fonti rinnovabili che punta a raggiungere il 38,7 % entro il 2030. Anche la riduzione delle emissioni di gas serra e l’ampia estensione delle aree protette rappresentano punti di forza da valorizzare. Sul fronte dell’economia circolare, il Paese registra un tasso elevato di utilizzo dei materiali. Tuttavia, per affrontare la crisi idrica occorre ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche, rafforzando il riciclo e il riutilizzo delle risorse già presenti sul territorio nazionale. Restano aperte questioni importanti che vanno dalle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici alla gestione dei rifiuti, fino alle sfide socioeconomiche legate al divario generazionale e alla diffusa povertà energetica.
Ripensare il rapporto tra economia e ambiente
Le risorse idriche europee sono sotto forte pressione e lo stress idrico colpisce un terzo della popolazione e del territorio. Mantenere ecosistemi acquatici sani, proteggere i bacini idrografici e garantire che le riserve sotterranee vengano reintegrate è fondamentale per assicurare la futura resilienza idrica dell’Europa. Solo attraverso il ripristino dell’ambiente naturale sarà possibile superare la crisi idrica e mantenere un’economia competitiva e una qualità di vita alta. Serve, sottolinea il Rapporto, un cambiamento dei sistemi di produzione e consumo. Decarbonizzazione dell’economia, transizione verso la circolarità. Riduzione dell’inquinamento e gestione responsabile delle risorse naturali non sono più opzioni rimandabili. La crisi idrica europea richiede azioni immediate e coordinate a tutti i livelli, dalla governance continentale alle politiche nazionali, fino alle pratiche locali di gestione delle risorse.
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