Spogliati ormai i panni di Vivian in Pretty Woman, la star di Hollywood torna alla Mostra del Cinema di Venezia dopo 28 anni e strega il pubblico con il film di Luca Guadagnino After the Hunt
Nel 1996 aveva girato a Venezia Tutti dicono I Love You, ma non era mai stata alla Mostra del Cinema. Ad attenderla al Lido centinaia di fan lungo il red carpet. Con il suo sorriso inconfondibile, Julia Roberts ha incantato il pubblico dell’82ª edizione del festival, presentando fuori concorso After the Hunt-Dopo la caccia, diretto dall’italiano Luca Guadagnino.
Nel thriller psicologico, che arriva nelle sale il 16 ottobre con Eagle Pictures, la star hollywoodiana, con una carriera alle spalle lunga quasi quarant’anni, quattro volte candidata agli Oscar e tre volte vincitrice del Golden Globe, interpreta la brillante professoressa di filosofia di Yale, Alma Imhoff. Una donna affascinante dalla grande sete di conoscenza, un’acuta analizzatrice del pensiero umano. Nasconde, però, un segreto del passato, che verrà a galla quando una sua studentessa Maggie (Ayo Edebiri) accuserà di molestie un collega e amico Hank (Andrew Garfield).
Roberts ha raccontato di aver voluto prendere parte al progetto, che parla di potere e privilegi, di verità e segreti, e anche di #MeToo, per la storia insolitamente intricata, scritta da Nora Garrett, e la possibilità di immergersi nei panni di una donna dal passato oscuro, diversa da qualsiasi altra avesse mai interpretato nella sua carriera.
Alma è ben lontana dalla Vivian di Pretty Woman, che sogna il principe azzurro, o Anna Reid di Notting Hill, che si innamora di un timido negoziante di libri, due dei personaggi delle commedie romantiche più di successo dell’attrice. Alma non ha nulla a che vedere neanche con la temeraria Erin Brockovich, dal profondo senso di giustizia, o Laura Williams di A letto con il nemico, che scappa da un marito violento. «Alma sfugge a qualsiasi definizione – ha raccontato l’attrice di questo personaggio -. Proprio sotto i suoi strati di intelligenza, disciplina, aspirazione e autodifesa, si celano strati ancora più profondi di paura, desiderio, rimpianto e autodistruzione, strati che Alma non vuole riconoscere ma che tuttavia riesce a superare. All’inizio non capivo se mi piacesse o meno, mi sono domandata persino se la odiassi. E questo mi ha incuriosito. È sicuramente uno di quei rari personaggi su cui continui a interrogarti».
L’attrice, 58 anni il 28 ottobre, ha creato sullo schermo una donna che si fa strada in un mondo solitamente maschile. «Alma ha usato il suo formidabile intelletto per ottenere un potere impressionante in questo ambiente dominato dagli uomini – ha sottolineato Roberts -. Per riuscirci, ha dovuto imparare a essere una vera dura, senza mostrare mai nemmeno un accenno di debolezza». Ma, a un certo punto, a mettere a repentaglio la sua carriera universitaria sarà una malattia cronica che nasconde agli altri. «Ho trovato un grande aspetto performativo nella vita di Alma. In qualche modo gli insegnanti recitano nella loro aula come se fosse un palcoscenico – ha detto sempre l’attrice -. E Alma per sopravvivere è altrettanto performativa nella sua vita familiare e nelle sue relazioni personali».
La coralità del film – che vede nel cast anche Chloë Sevigny, nei panni della dottoressa Kim Sayers, collega e amica di Alma, e Michael Stuhlbarg, nel ruolo del marito e psichiatra della donna, Frederik Olsson – è stato un grande incentivo per Roberts: «Non si vedono molti film con così tante relazioni complesse e diverse. Quando ammiri così tanto gli attori con cui lavori, tutto ciò che vuoi è impressionarli». A Guadagnino l’attrice ha dato il merito di aver offerto ai protagonisti il più ampio spazio di esplorazione possibile: «Con il suo modo gentile e affettuoso, Luca spinge i suoi attori a dare il massimo, a provare qualsiasi cosa e ad andare il più lontano possibile, nel modo più onesto possibile».
Roberts ha visto in After The Hunt anche un’occasione di dialogo: «Questo è uno di quei film in cui puoi uscire dalla sala, analizzare ogni momento e discutere sul perché ogni personaggio abbia fatto quello che ha fatto. Se il film farà discutere, emozionare o arrabbiare il pubblico, avremo raggiunto il nostro obiettivo. Questo è ciò che rende il cinema fantastico». Sulla possibilità che un film come questo, che riaccende il dibattito sul #MeToo, possa minare in qualche modo le conquiste femministe ottenute fino ad oggi, l’attrice nell’incontro con la stampa a Venezia ha replicato: «Non credo si tratti semplicemente di rilanciare una discussione sulle donne messe l’una contro l’altra o che non si sostengono a vicenda. Ci sono molti vecchi argomenti che vengono ringiovaniti e che creano un dialogo. Noi non facciamo dichiarazioni, condividiamo le vite di questi personaggi. La parte più emozionante è che le persone poi ne parlino, in qualsiasi modo. Ormai stiamo perdendo l’arte della conversazione ai giorni nostri».
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