Le cellule della centenaria spagnola erano più giovani di 23 anni e il suo microbiota era simile a quello di un’adolescente
La spagnola Maria Branyas, con i suoi 117 anni, ha conquistato il record mondiale di longevità prima di spegnersi nell’agosto del 2024. La sua, però, non è solo la storia di un record anagrafico. Nata il 4 marzo 1907 a San Francisco, nel 1914 si trasferisce con la famiglia in Spagna. Sfiorata da gravi malattie (suo padre morì di tubercolosi, lei visse la pandemia influenzale del 1918), durante la Guerra Civile spagnola lavorò come infermiera sul fronte repubblicano insieme al marito medico. Nel 2020, superò un’infezione da Covid-19 per divenire nel 2023 la persona più anziana vivente del pianeta. Nonostante i lutti – la perdita dei genitori, del marito, dei fratelli e persino del figlio – Maria aveva dimostrato una forte resistenza biologica e psicologica che ha incuriosito la comunità scientifica a cui, prima di morire, aveva espresso il suo desiderio: “Studiatemi, imparate da me”.
Il paradosso biologico di una vita lunga
L’Institut Josep Carreras ha così condotto lo studio più completo sulla longevità condotto fino ad oggi su un supercentenario. I ricercatori, guidati dal professor Manuel Esteller, hanno analizzato campioni prelevati quando Maria aveva 116 anni, rilevando un apparente paradosso. Da un lato, infatti, hanno rilevato segni inequivocabili di invecchiamento, come telomeri molto corti, un sistema immunitario pro-infiammatorio e una popolazione invecchiata di linfociti. Ma Maria Branyas presentava anche caratteristiche genetiche associate alla neuroprotezione e alla cardioprotezione, bassi livelli infiammatori, un microbioma benefico. R, non ultimo, un’età biologica inferiore a quella anagrafica. In tutto 10 varianti genetiche associate a una lunga vita, rare in Europa. In pratica i suoi parametri biologici indicavano poi un equilibrio metabolico straordinario, con livelli di colesterolo e marcatori infiammatori tipici di una persona molto più giovane.
La predisposizione genetica non basta
Una delle scoperte più sorprendenti sulla longevità di Maria ha riguardato il suo microbiota intestinale. Nonostante l’età avanzata, la composizione batterica del suo intestino somigliava a quella di un’adolescente, con diversità microbica eccezionale e presenza di ceppi batterici benefici associati alla giovinezza. Questo ecosistema intestinale ha contribuito al mantenimento di un sistema immunitario efficiente e di una salute metabolica ottimale, mantenuto in equilibrio grazie alle sue abitudini alimentari. La supercentenaria, infatti, evitava zuccheri raffinati e cibi ultraprocessati, preferendo un’alimentazione semplice che includeva abbondanti quantità di yogurt, ricco di probiotici benefici. Questo aspetto dello studio sottolinea, dunque, ancora una volta, l’importanza dell’interazione tra predisposizione genetica e stile di vita.
Una vita attiva fino alla fine, il passaggio per la longevità
Lo studio sulla longevità di Maria ha analizzato anche le abitudini durante la sua lunga esistenza. L’anziana non beveva alcol e non fumava. Non era in sovrappeso e aveva una vita sociale molto attiva. Questi elementi hanno certamente contribuito al suo straordinario stato di salute. Particolarmente significativo è il mantenimento delle funzioni cognitive. Ha mantenuto il cervello allenato attraverso la musica e i viaggi, e ha suonato il piano fino a 108 anni, fattori che l’hanno protetta dal rischio di demenza e declino cognitivo. La stimolazione intellettuale costante e la curiosità per il mondo circostante hanno rappresentato elementi fondamentali per preservare una memoria di ferro fino agli ultimi giorni di vita.
Invecchiare in benessere
La straordinaria longevità della centenaria spagnola non è più, dunque, un enigma. Gli scienziati hanno scoperto che le variazioni insolite del suo genoma l’avevano protetta dalle malattie, che la sua età biologica era di 23 anni inferiore all’anagrafica e che aveva un microbiota simile a quello di una bambina e ricco di superbatteri protettivi. Inoltre, possedeva 10 varianti genetiche associate a una lunga vita, elevati livelli di cardioprotezione e un basso livello di infiammazione, in conseguenza del suo microbiota protettivo. Tuttavia, la longevità di Maria non è stata caratterizzata solo dalla durata, ma soprattutto dalla qualità della vita. Ha mantenuto l’autonomia fisica e mentale, continuando a interagire socialmente e a interessarsi agli eventi del mondo. Questa dimensione qualitativa dell’invecchiamento rappresenta un aspetto cruciale che va oltre la semplice sopravvivenza biologica.
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