Nel nostro Paese il numero di donatori sale e le liste d’attesa si riducono a pochi mesi, ma permangono pregiudizi culturali soprattutto tra over 65 e giovani. Il caso di Udine dimostra come anche dopo gli 80 anni sia possibile salvare una vita.
Numeri record per l’Italia, seconda solo alla Spagna
L’Italia si conferma una delle nazioni europee più virtuose in tema di donazioni di organi. I dati del Centro Nazionale Trapianti dicono che con 28,2 donatori ogni milione di abitanti, il nostro Paese occupa la seconda posizione in Europa, superato soltanto dalla Spagna che mantiene il primato mondiale con 48,9 donatori per milione. Francia (26,3), Regno Unito (21,3) e Germania (11,4) si collocano alle nostre spalle in questa classifica della solidarietà.
Del tema se n’è parlato durante il 48esimo Congresso nazionale della Società Italiana Trapianti di Organi (SITO), svoltosi a Milano dal 21 al 23 settembre. Il professor Luciano De Carlis, già primario al Niguarda e presidente di SITO, ha illustrato un quadro incoraggiante ma migliorabile. Le liste d’attesa si sono ridotte drasticamente, toccando i tre-quattro mesi per la maggior parte degli organi, mentre per il rene i tempi si allungano ancora fino a tre anni. Numeri che testimoniano l’efficacia del sistema sanitario nazionale, ma che secondo De Carlis non devono far abbassare la guardia sull’informazione e la sensibilizzazione.
Gli anziani si sentono “inutili”: un pregiudizio da sfatare
Il vero nodo da sciogliere riguarda l’aspetto culturale. Gli esperti hanno identificato due fasce di popolazione particolarmente restie alle donazioni: i giovani e gli anziani. Se i primi si percepiscono come lontani dal problema per questioni anagrafiche, gli over 65 nutrono spesso la convinzione errata che i loro organi non possano più essere utili a nessuno. “Niente di più sbagliato”, ha ribadito De Carlis durante il congresso milanese, ricordando come recentemente una donna di 102 anni abbia donato il proprio fegato e come sia sempre più frequente assistere a donazioni nella fascia degli 80-90 anni. Un dato che dovrebbe far riflettere tutti coloro che, raggiunta una certa età, si auto-escludono da questo straordinario atto di altruismo. La realtà medica dimostra infatti che l’età cronologica non coincide necessariamente con quella biologica degli organi.
Proprio per abbattere questi pregiudizi, gli specialisti insistono sulla necessità di intensificare le campagne informative, partendo dalle scuole dove risulta fondamentale spiegare ai ragazzi l’importanza della donazione.
Un tempo negli ospedali arrivavano giovani vittime di incidenti in motorino, oggi accade lo stesso con i monopattini elettrici, ma il risultato non cambia: vite spezzate che possono diventare opportunità di salvezza per altri.
Il gesto straordinario dell’ottantenne di Udine
A conferma che l’età avanzata non rappresenta un ostacolo alla donazione, arriva da Udine una storia tenera e al tempo stesso incoraggiante. All’ospedale Santa Maria della Misericordia, un padre ultraottantenne ha donato un rene alla figlia, rappresentando il sesto trapianto da donatore vivente eseguito quest’anno nella struttura friulana.
L’uomo, nonostante avesse superato gli 80 anni, si trovava in condizioni cliniche ottimali che hanno garantito la piena sicurezza dell’operazione. Come ha spiegato Giuliano Boscutti, direttore della Struttura di Nefrologia dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, “l’invecchiamento dell’organo è un processo soggettivo e non rappresenta un ostacolo alla donazione. Essere anziani non significa non poter donare”. L’équipe chirurgica ha portato a termine l’intervento con successo e sia padre che figlia stanno bene, senza complicazioni post-operatorie. La donna ora mostra una funzionalità renale stabile che testimonia l’efficacia dell’operazione e dimostra come la solidarietà familiare, unita alla competenza medica, possa superare qualsiasi limite anagrafico.
Tecnologie innovative per ridurre la mortalità
Sul fronte delle innovazioni tecnologiche, l’Italia ha fatto passi da gigante introducendo nuove tecniche che hanno ridotto significativamente la mortalità dei pazienti in lista d’attesa. Dieci anni fa al Niguarda è stato effettuato il primo trapianto di fegato a cuore fermo, una procedura che ha aperto frontiere inedite aumentando del 25% le possibilità di sopravvivenza.
Le macchine di perfusione sempre più raffinate permettono oggi di utilizzare l’80% degli organi prelevati con questa tecnica, trasformando spesso interventi d’urgenza in operazioni programmate. Queste apparecchiature non si limitano a conservare l’organo, ma lo “condizionano”, migliorandone la capacità funzionale prima del trapianto. L’unico limite normativo riguarda i tempi di attesa dopo l’arresto cardiaco: in Italia sono obbligatori venti minuti contro i cinque minuti richiesti nella maggior parte dei Paesi europei.
Durante il congresso milanese è intervenuto anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ha affrontato il delicato tema della responsabilità medica annunciando una revisione dell’informazione di garanzia. L’obiettivo è permettere ai sanitari di difendersi senza essere automaticamente iscritti nel registro degli indagati, evitando così pesanti conseguenze professionali che spesso scoraggiano i medici da operazioni complesse come i trapianti.
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