Il progetto sperimentato nei comuni piemontesi di Collegno, Grugliasco e Rivoli dimostra come reti di prossimità e sportelli di ascolto possano trasformare il welfare locale attraverso la coprogettazione tra enti pubblici e terzo settore
Un modello di collaborazione territoriale
In Piemonte, tre Comuni dell’area metropolitana torinese stanno sperimentando da sei anni un approccio innovativo al sostegno degli anziani fragili. An.Co.Re. – Anziani, Comunità, Reti è il nome del progetto che ha preso forma nel luglio 2019 attraverso un percorso di coprogettazione promosso dal Consorzio Ovest Solidale e dall’ASL TO3.
L’iniziativa ha trovato terreno fertile grazie al bando WeCaRe della Regione Piemonte e ha successivamente consolidato la propria struttura con il progetto WellFare – Fare Bene, creando un Gruppo Temporaneo di Imprese che unisce le cooperative Gruppo Arco, San Donato e Gruppo Anteo.
Il modello messo a punto non si limita ad assistere gli over 65 in difficoltà, ma costruisce attorno a loro una rete territoriale capace di intercettare bisogni e fornire risposte concrete.
Al centro dell’approccio c’è la convinzione che le comunità locali possiedano già le risorse necessarie per prendersi cura dei propri membri più vulnerabili: il progetto le rende visibili, le connette e le valorizza.
Quattro pilastri per costruire reti di prossimità
La strategia di An.Co.Re. si articola su quattro aree di intervento che lavorano in sinergia. Il primo elemento sono gli spazi fisici di accoglienza: 14 sportelli e 27 presidi distribuiti sul territorio, collocati in luoghi familiari come centri di quartiere e patronati.
Come spiega il project manager Emanuele Dalle Vedove, l’obiettivo era evitare sportelli impersonali simili a uffici postali, puntando invece su ambienti accoglienti e accessibili che facilitino incontri autentici. Durante la pandemia, il modello si è adattato creando sportelli digitali finanziati dal PNRR e attivando numeri telefonici dedicati.
Il lavoro di rete rappresenta il secondo pilastro dell’iniziativa. Attraverso la partecipazione a tavoli territoriali e la collaborazione con una pluralità di attori, il progetto costruisce alleanze operative che rispondono a bisogni specifici del territorio. Non si tratta di creare nuove strutture, ma di far dialogare quelle esistenti in modo più efficace. La formazione e informazione costituiscono il terzo elemento strategico. Organizzati dai facilitatori insieme all’ASL TO3 e all’Università della Terza Età, gli incontri affrontano temi come promozione della salute, invecchiamento attivo ed educazione finanziaria, trasformandosi contemporaneamente in momenti di socializzazione e aggregazione che contrastano l’isolamento.
L’animazione di comunità che genera partecipazione
Il quarto pilastro, l’animazione di comunità, rappresenta forse l’aspetto più innovativo del modello. Attraverso la coprogettazione di iniziative con e per i cittadini (laboratori, eventi, attività di volontariato civico) il progetto favorisce la responsabilizzazione dei partecipanti e ripensa gli spazi destinati ai beneficiari. Come sottolinea Dalle Vedove, è stato fondamentale trasformare il progetto in un punto di riferimento riconosciuto dall’intera comunità, un vero perno capace di attivare esperienze collettive.
I numeri testimoniano l’efficacia dell’approccio comunicativo. Nel primo anno di sperimentazione sono stati raggiunti circa 4.000 cittadini su un totale di 140.000 abitanti. La comunicazione utilizza canali diversificati, da locandine e volantini distribuiti negli spazi pubblici a gruppi WhatsApp e piattaforme social; ma il valore aggiunto arriva dal contatto diretto con operatori presenti sul territorio.
In questo contesto, facilitatori e facilitatrici locali assumono un ruolo centrale: non semplici coordinatori, ma veri “connettori” della vita dei quartieri, capaci di creare relazioni, animare la comunità e andare oltre il mero coordinamento operativo. Insieme ai “welfare manager”, responsabili della costruzione e mantenimento delle relazioni, costituiscono le figure chiave che permettono al sistema di funzionare.
Una gestione coordinata tra istituzioni e territorio
Il successo di An.Co.Re. si basa su una governance (gestione ndr.) multilivello che integra dimensioni politiche, amministrative e operative, creando connessioni sia orizzontali che verticali e promuovendo fiducia nei confronti dei cittadini. Un approccio che favorisce la formazione di gruppi di lavoro collaborativi capaci di confrontarsi e generare soluzioni condivise, costruendo rapporti di fiducia tra i soggetti coinvolti attraverso modalità di lavoro co-progettate e co-prodotte. Il modello, tuttavia, non nasconde le proprie criticità. I frequenti avvicendamenti tra amministratori e dirigenti hanno reso difficile garantire un supporto stabile nel lungo periodo, mentre il ruolo del facilitatore, sebbene centrale e strategico, ha evidenziato il rischio di un’eccessiva personalizzazione a discapito di un approccio più collettivo.
L’elevato turnover degli operatori sociali ha ulteriormente compromesso la continuità delle azioni, e l’adattamento a un contesto in continua evoluzione ha comportato difficoltà legate alla resistenza al cambiamento.
Replicare è possibile
Ciò che emerge dall’esperienza di Collegno, Grugliasco e Rivoli è un modello replicabile che dimostra come la coprogettazione tra enti pubblici e terzo settore possa produrre impatti concreti sulla vita quotidiana delle persone anziane. Il progetto non offre solo servizi, ma costruisce un sistema integrato che valorizza le risorse del territorio e facilita l’accesso ai servizi socio-sanitari esistenti.
La forza del modello An.Co.Re. risiede nella capacità di riconoscere che le reti di prossimità esistono già nei territori, spesso in forma invisibile o poco valorizzata. Il progetto le fa emergere, le connette e le potenzia, creando un sistema locale capace di rispondere ai bisogni reali attraverso forme di cura comunitaria che riducono solitudine e isolamento. Come sottolineano i responsabili del progetto, la riuscita dell’iniziativa non va interpretata come somma delle singole parti, ma come esito di un sistema integrato che mette al centro le persone e le reti che le circondano.
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