L’emittente statunitense ha fermato in via indefinita il celebre late show dopo le polemiche sui commenti dell’omicidio dell’attivista conservatore Kirk. La decisione scatena un dibattito nazionale sui limiti della libertà d’espressione nei media.
La controversia che ha scatenato la tempesta mediatica
La rete televisiva ABC ha preso la decisione senza precedenti di sospendere indefinitamente “Jimmy Kimmel Live!” dopo le controverse dichiarazioni del conduttore sull’omicidio di Charlie Kirk.
Il programma, trasmesso dal 2003 e condotto dal comico californiano di 57 anni, è finito al centro di una bufera politica e mediatica che ha coinvolto le principali istituzioni del paese.
Durante il monologo di lunedì sera, Kimmel aveva accusato il movimento MAGA di Trump di voler sfruttare politicamente l’omicidio di Charlie Kirk. Suggerendo, in qualche modo, che l’assassino Tyler Robinson fosse allineato con le posizioni del presidente. Le parole del conduttore hanno provocato immediate reazioni negative da parte degli attivisti conservatori, che hanno fatto notare come i familiari dell’omicida, citati nei documenti processuali, lo descrivessero invece come “pro-gay e orientato ai diritti trans”, con idee diverse dai genitori di destra. Questa discrepanza tra le affermazioni televisive e i fatti emersi dall’inchiesta ha alimentato le critiche contro il programma satirico. La decisione di sospendere lo show è arrivata dopo che due importanti gruppi di stazioni affiliate – Nexstar e Sinclair, che insieme controllano circa 70 reti collegate ad ABC – hanno annunciato di non voler più trasmettere il programma perché ritenuto non più in linea con i valori delle comunità locali.
L’intervento delle istituzioni e le pressioni economiche
Brendan Carr, presidente della Federal Communication Commission nominato da Trump, ha parlato di “tentativo organizzato di mentire al popolo americano” e ha minacciato la revoca della licenza per ABC. L’intervento dell’autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni ha rappresentato un momento di svolta nella vicenda. Ed ha trasformato quello che inizialmente sembrava un episodio di satira politica in una questione istituzionale di rilievo nazionale.
La pressione economica si è rivelata determinante. Già nel 2024, “Jimmy Kimmel Live!” aveva generato circa 76,6 milioni di dollari in pubblicità per ABC. La perdita di decine di stazioni affiliate avrebbe comportato un danno economico significativo per Disney, proprietaria della rete. Bob Iger, amministratore delegato di Disney, e Dana Walden, responsabile della divisione televisiva, hanno così optato per la sospensione immediata del programma. Kimmel non è stato licenziato, ma dovrà discutere con i dirigenti i contenuti futuri delle sue trasmissioni prima di un eventuale ritorno in onda.
Il gruppo Sinclair, il più grande proprietario di affiliate ABC, ha annunciato che venerdì sera al posto dello show di Kimmel trasmetterà un tributo speciale di un’ora dedicato a Charlie Kirk.
Le reazioni del mondo politico e mediatico
Il presidente Trump ha accolto con entusiasmo la notizia della sospensione, definendola sui social una “grande notizia per l’America”. Dal suo aereo presidenziale, Trump ha rincarato la dose minacciando ulteriori provvedimenti contro i network “ostili”. Ha suggerito di “portare via le licenze” alle emittenti che fanno “copertura negativa” e ha definito Kimmel privo di talento, con “pessimi indici d’ascolto”.
Chuck Schumer, leader democratico al Senato, ha paragonato l’accaduto a quanto avviene nelle autocrazie, mentre i deputati democratici accusano Carr di “abuso di potere”. Anche alcuni esponenti repubblicani hanno espresso preoccupazione per l’intervento della FCC sulla libertà di espressione. Barack Obama ha scritto sui social che “dopo anni di lamentele sulla cancel culture, l’attuale amministrazione minaccia azioni contro i media a meno che non imbavaglino commentatori sgraditi”.
Il mondo dello spettacolo ha reagito con solidarietà verso il conduttore sospeso. Martina Navratilova ha espresso la sua opposizione attraverso alcuni post su X. E molti altri personaggi dello spettacolo hanno denunciato quello che considerano un pericoloso precedente per la libertà d’espressione nei media americani.
Un precedente che ridefinisce i rapporti tra satira e potere
La vicenda di Kimmel non rappresenta un caso isolato nel panorama televisivo americano. Il conduttore risulta essere il secondo presentatore di late night show a essere rimosso dall’aria in questo periodo, segnalando una crescente tensione tra il mondo dell’intrattenimento satirico e l’attuale amministrazione. La decisione di ABC segna un cambio di passo significativo nel settore televisivo, dove i programmi di satira politica hanno tradizionalmente goduto di ampia libertà espressiva.
L’episodio, dunque, solleva interrogativi fondamentali sul ruolo dei media nell’America contemporanea e sui limiti dell’uso satirico di eventi tragici. La rapidità con cui le pressioni istituzionali ed economiche si sono trasformate in decisioni editoriali concrete dimostra quanto sia fragile l’equilibrio tra libertà d’informazione e interessi commerciali nel sistema mediatico statunitense.
Il “caso Kimmel” potrebbe rappresentare un punto di svolta che influenzerà le scelte future di conduttori e produttori televisivi, ridefinendo i confini tra satira politica e responsabilità giornalistica.
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