Il microrganismo farmacoresistente si sta diffondendo in molti paesi. Italia terza per numero di casi
Candida auris è il nome di un micete ribattezzato ‘super fungo’ per la sua straordinaria capacità di resistere ai farmaci antimicotici più potenti. Si tratta infatti di un microrganismo resistente ai trattamenti farmacologici con una grande capacità di diffondersi rapidamente all’interno delle strutture sanitarie. Dove crea focolai difficili da contenere. Secondo il rapporto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), più di 4.000 casi sono stati registrati nell’Unione Europea e nei paesi limitrofi tra il 2013 e il 2023, con un aumento nel corso degli anni. La Spagna guida la classifica con 1.807 segnalazioni, seguita dalla Grecia con 852 casi, mentre l’Italia occupa il terzo posto con 712 infezioni documentate. Una posizione che colloca il paese tra le nazioni più colpite da questo patogeno emergente, insieme a Romania e Germania che completano la classifica europea.
I pazienti fragili sono i più a rischio
Il fungo si diffonde facilmente nelle cliniche sanitarie e spesso riesce a eludere i farmaci destinati a eliminarlo. Questa caratteristica lo rende particolarmente insidioso per i pazienti già debilitati da altre patologie, che rappresentano il target principale delle infezioni da Candida auris. I sintomi possono variare notevolmente a seconda della sede dell’infezione: febbre e brividi sono manifestazioni comuni, ma il quadro clinico può differire se il fungo colpisce il sangue, una ferita o l’orecchio. La diagnosi rappresenta un altro aspetto critico nella gestione di questa emergenza sanitaria. Non esistono segni clinici specifici che permettano di identificare immediatamente un’infezione da Candida auris, rendendo necessari test di laboratorio specializzati per confermare la presenza del patogeno. Questa difficoltà diagnostica contribuisce al ritardo nell’implementazione delle misure di controllo, favorendo ulteriormente la diffusione nosocomiale.
L’Italia: dal primo caso ai focolai regionali
Il primo caso di infezione invasiva di Candida auris risale al 2019, seguito da un focolaio che ha interessato le regioni settentrionali nel biennio 2020-2021. Tra il 2019 e il 2022, sono stati registrati 361 casi in 17 strutture sanitarie situate in Liguria, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto. Un aspetto rassicurante emerge dall’analisi dei dati italiani: la maggior parte dei casi, circa il 91,8%, era legata a colonizzazione e non a infezioni invasive. Questo significa che nella maggioranza delle situazioni il fungo era presente nell’organismo senza causare una vera e propria malattia, anche se la presenza del patogeno richiede comunque misure di isolamento e controllo per evitare la trasmissione ad altri pazienti. La distribuzione geografica delle infezioni in Italia riflette un pattern che gli esperti associano principalmente ai grandi centri ospedalieri del Nord, dove la concentrazione di pazienti critici e l’intensità dei trattamenti medici creano condizioni favorevoli per la diffusione di patogeni resistenti.
Se i farmaci non bastano
Uno degli aspetti più preoccupanti di Candida auris riguarda la sua straordinaria capacità di resistere ai trattamenti antimicotici. In Italia, circa il 90% degli isolati risulta resistente ad almeno una delle tre classi di antifungini disponibili, un dato che evidenzia la complessità delle sfide terapeutiche che questo patogeno presenta ai clinici. La resistenza farmacologica non è l’unico fattore che rende difficile il controllo di questo fungo. La sua capacità di sopravvivere su superfici e attrezzature mediche, insieme alla rapida diffusione tra pazienti, lo rende difficile da controllare. Inoltre, non tutti i disinfettanti ospedalieri comuni sono efficaci contro di esso, il che significa che la pulizia ordinaria non è sufficiente per prevenirne la diffusione.
Le strategie di contrasto: sorveglianza e prevenzione
Nel 2023 Candida auris è stato individuato in 18 paesi europei. Di fronte a questa presenza, le autorità sanitarie stanno intensificando gli sforzi per migliorare i sistemi di sorveglianza e controllo. Tuttavia, il quadro attuale presenta ancora diverse lacune preoccupanti. Tra i 36 paesi europei inclusi nel nuovo rapporto, solo 17 hanno programmi nazionali di sorveglianza per Candida auris e soltanto 15 dispongono di linee guida specifiche per prevenire o controllare le infezioni. Questa disomogeneità negli approcci di sorveglianza significa che il numero reale di casi potrebbe essere significativamente sottostimato. La mancanza di sistemi di monitoraggio standardizzati rende difficile tracciare accuratamente la diffusione del patogeno e implementare misure di controllo coordinate a livello europeo.
Un fenomeno globale
Il fungo è stato segnalato per la prima volta in Giappone nel 2009, ma da allora ha dimostrato una forte capacità di espansione geografica. Il meccanismo di diffusione internazionale segue spesso percorsi prevedibili legati alla mobilità dei pazienti. Il fungo tipicamente emerge quando un paziente è stato precedentemente ricoverato in un altro paese dove il fungo è presente, importandolo poi nel nuovo paese. Questo meccanismo di “importazione” sottolinea l’importanza della cooperazione internazionale nella gestione di questa emergenza sanitaria.L’ECDC ha richiamato i paesi membri a rafforzare urgentemente i loro sforzi di rilevamento precoce e controllo per fermare la diffusione del fungo ritenuto una minaccia per la sicurezza dei pazienti negli ospedali di tutta Europa.
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