Il Global Attractiveness Index 2025 presentato a Cernobbio mostra un Paese che cresce negli investimenti e nell’occupazione ma resta ultimo al mondo per forza lavoro futura, con oltre 37mila laureati emigrati nel 2023.
Gli investimenti rendo l’Italia più “interessante”
L’Italia conquista il sedicesimo posto nella classifica mondiale del Global Attractiveness Index 2025 (GAI), guadagnando tre posizioni rispetto alla precedente edizione. I dati della decima edizione della ricerca, elaborata da The European House – Ambrosetti sono stati presentati al Forum di Cernobbio e fotografano un Paese che continua la sua lenta risalita.
L’indice misura la capacità di un Paese di richiamare investimenti esteri, attrarre talenti internazionali e sostenere la crescita economica e sociale nel lungo periodo. Si tratta di un termometro che valuta quanto un territorio sia appetibile per imprese multinazionali, professionisti qualificati e capitali stranieri. L’analisi copre 146 economie rappresentanti il 94% della popolazione mondiale e il 98% del PIL globale, attraverso quattro sotto-indici che misurano il Posizionamento attuale, la Dinamicità di medio periodo, la Sostenibilità competitiva e l’Orientamento al Futuro.
Il balzo nel ranking è trainato principalmente dagli investimenti, che hanno raggiunto il 22,5% del PIL nel 2023, un record che non si vedeva dal 1990. Questo risultato è stato alimentato inizialmente dal Superbonus e successivamente dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Anche il mercato del lavoro mostra segnali incoraggianti: 326mila occupati in più tra il 2023 e il 2024 hanno portato al risultato storico di oltre 23 milioni di persone al lavoro. Per la prima volta dalla creazione dell’indice, l’Italia presenta un tasso di disoccupazione migliore rispetto alla Francia (6,8% contro 7,4%). Questo progresso si inserisce in un contesto generale di miglioramento che ha visto il nostro Paese scalare diverse posizioni in aree cruciali: ventesimo posto per Apertura (+5 posizioni), che misura la capacità di interagire con i mercati internazionali, confermato il decimo posto per Innovazione.
Le ombre demografiche: Italia ultima per forza lavoro futura
Nonostante i progressi, permangono criticità strutturali che minacciano la competitività a lungo termine. L’Italia occupa il 146° posto, ovvero l’ultimo al mondo per popolazione in età lavorativa nei prossimi vent’anni, un indicatore che evidenzia le conseguenze dell’invecchiamento demografico sul sistema produttivo nazionale.
Il paradosso del mercato del lavoro italiano emerge chiaramente dai dati: mentre crescono gli occupati, il sistema fatica a trattenere i talenti più qualificati e a formare le competenze richieste dalle imprese. Con una spesa pubblica per l’istruzione tra le più basse d’Europa e una percentuale di laureati under 35 penultima nella UE, il sistema lascia scoperti circa 2,5 milioni di posti, per un costo stimato in 43,9 miliardi l’anno. La carenza di competenze si intreccia con il fenomeno della fuga di cervelli, che ha raggiunto dimensioni allarmanti. Tra il 2014 e il 2023, il numero di laureati italiani emigrati all’estero è aumentato dell’83,4%, passando da circa 20.000 a oltre 37.000 persone all’anno. I dati più recenti confermano questa tendenza: oltre 21.000 laureati italiani sono emigrati nel 2023 (+21,2%), mentre solo 6.000 sono rientrati.
In un decennio, oltre 280mila laureati hanno lasciato il Paese, con una perdita economica potenziale di oltre 5 miliardi annui, considerando che il costo complessivo della formazione di uno studente fino alla laurea ammonta a circa 143.000 euro.
I nodi strutturali che frenano la crescita
L’analisi del Global Attractiveness Index mette in evidenza i fattori che ostacolano l’attrattività del sistema Italia. L’Italia è l’unico Paese OCSE con retribuzioni reali in calo dal 2000 al 2023, aggravate da un cuneo fiscale tra i più alti d’Europa.
Il risultato è che i giovani lavoratori italiani percepiscono stipendi inferiori alla media UE, pur lavorando più ore rispetto ai principali competitor europei. Il problema dei salari bassi si riflette anche nella crescita dei lavoratori a rischio di povertà, fenomeno tornato a peggiorare nel 2024 coinvolgendo il 10,2% degli occupati, un dato superiore alla media europea dell’8,2%. Una situazione che alimenta ulteriormente l’esodo dei talenti verso mercati che offrono migliori prospettive economiche.
La macchina amministrativa e giudiziaria rappresenta un altro ostacolo significativo alla competitività. Più di una legge su cinque (21,5%) resta inattuata per mancanza di decreti – ben 545 quelli in attesa – mentre la burocrazia costa alle imprese oltre 57 miliardi l’anno. La giustizia civile viaggia a ritmi particolarmente lenti: in media servono circa duemila giorni per chiudere un processo, molto lontano dagli standard europei. Anche l’energia rappresenta un fattore di svantaggio competitivo. Ad aprile 2025, il prezzo dell’energia all’ingrosso in Italia ha raggiunto quasi 100 euro per megawattora, più del doppio rispetto alla Francia (42 euro) e quasi quattro volte quello della Spagna (27 euro), complice la forte dipendenza dal gas naturale che colloca l’Italia al 106° posto a livello globale per dipendenza energetica da mercati esteri.
Come invertire la rotta
Il comitato consultivo dell’indice GAI ha tracciato alcune strade percorribili per affrontare le criticità emerse. Sul fronte della formazione, si propone di aggiornare i curricula riducendo il mismatch tra competenze e domanda di lavoro, rivedere il sistema universitario puntando sulla specializzazione e potenziare gli ITS Academy, valorizzando maggiormente i tirocini formativi. Per trattenere i giovani e attrarre talenti dall’estero, gli esperti suggeriscono di abbassare il cuneo fiscale per gli under 35, allineandolo alla media europea, e coinvolgere le imprese in politiche di crescita retributiva sostenibile.
Sul versante della giustizia civile, secondo lo studio, un investimento annuo da un miliardo ridurrebbe la durata dei processi civili a circa 1.300 giorni e genererebbe un ritorno fiscale da 138 milioni. L’urgenza di interventi mirati appare evidente di fronte a dati che mostrano un Paese capace di attrarre capitali ma incapace di trattenere i propri talenti migliori.
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