Una ricerca del Mass General Brigham, negli Usa, dimostra come posticipare il primo pasto della giornata comprometta il benessere psicofisico degli over 65, aumentando depressione, stanchezza e mortalità.
Gli orari dei pasti? Determinano la qualità di vita
Un gruppo di ricercatori del sistema sanitario statunitense Mass General Brigham ha portato alla luce una correlazione tra orari dei pasti e stato di salute nella terza età. L’ampio studio, pubblicato sulla rivista Communications Medicine, ha seguito per oltre due decenni 2.945 adulti britannici di età compresa tra 42 e 94 anni, evidenziando come modifiche apparentemente innocue nelle abitudini alimentari possano avere ripercussioni significative sul benessere complessivo.
I dati raccolti mostrano che con l’avanzare dell’età, le persone tendono naturalmente a posticipare sia la colazione che la cena, riducendo contemporaneamente la finestra temporale dedicata ai pasti. Questo fenomeno, che potrebbe sembrare una semplice evoluzione delle abitudini personali, nasconde in realtà implicazioni profonde per la salute fisica e mentale degli anziani.
La ricerca, guidata dal team di Hassan Dashti, ha identificato correlazioni specifiche tra il ritardo nel consumo della colazione e una serie di problematiche sanitarie. Gli anziani che posticipano il primo pasto della giornata mostrano un incremento significativo di sintomi depressivi, livelli più elevati di stanchezza cronica e una maggiore difficoltà nella gestione delle attività quotidiane, inclusa la preparazione stessa dei pasti.
La crononutrizione come chiave di lettura scientifica
Il concetto di crononutrizione, disciplina che studia l’interazione tra orari alimentari e ritmi biologici, fornisce una spiegazione scientifica ai risultati osservati. Gli esperti la definiscono un interessante ambito di ricerca che sta mettendo in luce un link tra il cibo, l’orario di assunzione dei pasti, dunque l’intervallo fra uno e l’altro, i ritmi circadiani e la salute.
Il nostro organismo segue infatti ritmi circadiani precisi, regolati da un orologio biologico interno che influenza numerose funzioni metaboliche. Secondo i principali esperti del settore, ci sono tre fasce orarie che non possiamo mancare se vogliamo gettare le basi di una dieta basata sulla crononutrizione. La mattina tra le 7 e le 8: l’attività metabolica è al massimo e tutto ciò che mangiamo viene digerito molto bene.
Durante le prime ore del mattino, il metabolismo raggiunge infatti il suo picco di efficienza. Gli ormoni digestivi sono più attivi e la capacità di processare nutrienti risulta ottimale. Quando questo meccanismo viene alterato da una colazione tardiva, si crea uno sfasamento tra i ritmi biologici naturali e le abitudini alimentari, con conseguenze che si manifestano tanto nell’immediato quanto nel lungo termine.
I risultati indicano che un modello di consumo alimentare con orari più precoci e un digiuno notturno più lungo potrebbe ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Questo principio assume particolare rilevanza nella popolazione anziana, già più vulnerabile a patologie croniche e disturbi metabolici.
Rischi concreti per la salute degli over 65
I risultati dello studio del Mass General Brigham delineano un quadro di rischi sanitari che va ben oltre le apparenze. La colazione tardiva negli anziani non rappresenta semplicemente una modifica delle abitudini, ma si configura come un fattore che può compromettere seriamente la qualità di vita residua.
Tra gli effetti più preoccupanti emerge l’aumento del rischio di mortalità durante il periodo di osservazione. Questo dato, particolarmente significativo considerando l’ampiezza del campione e la durata dello studio, suggerisce come gli orari alimentari possano influenzare meccanismi biologici fondamentali per la sopravvivenza.
Sul fronte della salute mentale, la ricerca ha documentato correlazioni dirette tra colazione posticipata e incremento dei sintomi depressivi. Questo fenomeno potrebbe derivare dall’alterazione dei ritmi neurochimici che regolano l’umore, strettamente connessi ai cicli alimentari. La stanchezza cronica rappresenta un altro elemento critico, in quanto limita l’autonomia degli anziani e compromette la loro qualità di vita.
Non meno importante risulta l’impatto sulla salute orale, aspetto spesso trascurato ma fondamentale per il mantenimento di un’alimentazione adeguata. Una bocca in cattive condizioni può infatti innescare un circolo vizioso che porta a ulteriori modifiche delle abitudini alimentari, spesso in senso peggiorativo.
L’importanza dei ritmi regolari nella terza età
La popolazione anziana presenta caratteristiche fisiologiche specifiche che rendono ancora più cruciale il mantenimento di ritmi alimentari regolari. Con l’avanzare dell’età, l’organismo subisce modificazioni che interessano il sistema digestivo, il metabolismo e la regolazione ormonale. In questo contesto, il rispetto degli orari ottimali per i pasti diventa un elemento protettivo fondamentale.
In uno studio sui centenari abruzzesi, più del 95% degli intervistati erano soliti “sdijunare”, che in dialetto abruzzese significa “rompere il digiuno della notte”. I dati raccolti hanno confermato come la cena venisse consumata tra le 19.00 e le 19.30, garantendo un basso stress post-prandiale notturno. Questa evidenza, conferma l’importanza di orari alimentari precoci e regolari per la longevità.
La ricerca del Mass General Brigham ha inoltre identificato una componente genetica nel comportamento alimentare degli anziani. Le persone con una predisposizione genetica a essere “nottambuli” mostrano infatti una maggiore tendenza a posticipare i pasti, suggerendo come fattori biologici innati possano interagire con le scelte comportamentali.
Questo aspetto assume particolare rilevanza nell’ottica di interventi preventivi personalizzati. Comprendere le predisposizioni individuali potrebbe infatti consentire di sviluppare strategie nutrizionali mirate, in grado di contrastare le tendenze negative legate al patrimonio genetico.
Gli esperti suggeriscono che monitorare i cambiamenti negli orari dei pasti potrebbe rappresentare uno strumento diagnostico precoce per identificare anziani a rischio di deterioramento della salute generale. Questa prospettiva apre nuove possibilità nell’ambito della medicina preventiva geriatrica, dove interventi tempestivi potrebbero fare la differenza tra invecchiamento attivo e declino accelerato.
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