L’Istituto Superiore di Sanità certifica la perdita di stagionalità degli incendi; tossine e particolato nell’aria mettono a rischio la salute respiratoria e cardiovascolare. I consigli pratici nel vademecum ISS per proteggere l’aria domestica.
Un fenomeno in crescita che travalica l’estate
Nel nostro Paese gli incendi rappresentano ormai un’emergenza sanitaria che non conosce pause. Nei primi sette mesi del 2025 sono bruciati oltre 30.000 ettari di territorio, equivalenti a circa 43mila campi da calcio. I numeri, dell’Istituto Superiore di Sanità, lasciano poco spazio all’interpretazione.
Già nel 2024 la superficie danneggiata dalle fiamme aveva raggiunto 514 chilometri quadrati, un dato che supera significativamente quelli registrati nel 2018 e 2019. Il 2025 conferma questa tendenza con circa 700 incendi verificatisi nei primi sette mesi dell’anno, che hanno mandato in fumo oltre 320 chilometri quadrati di territorio nazionale.
Questa “geografia del disastro” vede il Meridione pagare il prezzo più alto. La Sicilia guida questa particolare classifica con 175 chilometri quadrati bruciati (nel 2024), seguita dalla Calabria con 102 chilometri quadrati. Le altre regioni più colpite dall’emergenza incendi sono Puglia, Basilicata, Campania e Sardegna. Ma ciò che preoccupa maggiormente gli esperti non sono solo i numeri assoluti, quanto piuttosto il cambiamento delle dinamiche temporali del fenomeno.
La perdita della stagionalità, un nuovo paradigma climatico
Gaetano Settimo, coordinatore del Gruppo di studio nazionale Inquinamento Indoor dell’ISS, traccia un quadro che dovrebbe far riflettere tutti. “La stagionalità degli incendi si sta perdendo”, sottolinea l’esperto, spiegando come questo fenomeno sia direttamente collegato ai cambiamenti climatici e a condizioni meteorologiche sempre più irregolari. La stagione si è allungata e si registrano sempre più eventi distribuiti nell’arco dei 12 mesi.
Non si tratta più soltanto di temperature estive elevate o dell’incremento delle attività umane all’aria aperta durante i mesi caldi. Il problema affonda le radici in una gestione territoriale inadeguata: dalla pulizia insufficiente del sottobosco alla mancanza di fasce tagliafuoco, dalla scarsa attenzione nella gestione dei rifiuti ai terreni abbandonati. Questi fattori, combinati con le anomalie climatiche, hanno trasformato quella che un tempo era un’emergenza stagionale in una minaccia costante.
Gli incendi di oggi sono diversi da quelli del passato per tempistica, dimensioni, intensità, frequenza e gravità. Non parliamo solo di roghi boschivi, ma di un ventaglio che include incendi industriali, urbani, di automobili, aree commerciali e accumuli di rifiuti di ogni genere, dalla plastica ai metalli. La stagione degli incendi, tradizionalmente concentrata nei mesi estivi, ora si distribuisce lungo tutto l’arco dell’anno, richiedendo un approccio preventivo permanente.
Il cocktail tossico che respiriamo
Quando i materiali bruciano, l’aria si trasforma in un pericoloso laboratorio chimico a cielo aperto. Il fumo generato contiene centinaia di sostanze inquinanti e velenose, tra le più tossiche conosciute. Diossine e furani, policlorobifenili, idrocarburi policiclici aromatici, polveri sospese di varie dimensioni, sostanze fotochimicamente reattive come ossidi di azoto e monossido di carbonio, composti organici volatili quali formaldeide, benzene e toluene. L’elenco stilato dall’ISS include anche metalli pesanti, acido cianidrico e idrogeno solforato.
Queste sostanze possono permanere nell’atmosfera per periodi che vanno da ore a settimane, sia durante l’incendio che dopo il suo spegnimento. Non rimangono confinate nelle immediate vicinanze dell’evento, ma si diffondono su aree molto più vaste, compromettendo la qualità dell’aria sia esterna che interna agli edifici. Il fenomeno si complica ulteriormente perché questi inquinanti interagiscono tra loro, modificando la tossicità dei singoli componenti e creando nuove combinazioni nocive.
La composizione e concentrazione dei fumi dipendono da molteplici variabili: il tipo di materiale che brucia, la quantità coinvolta, le condizioni di combustione, l’umidità, l’intensità del vento e la distanza dall’incendio. Tuttavia, come ammette lo stesso Settimo, “si sa ancora molto poco sulla composizione chimica e sulle interazioni delle specie nei diversi incendi”. Una lacuna conoscitiva che rende ancora più complessa la gestione dell’emergenza.
L’impatto sulla salute: dai sintomi acuti ai danni cronici
L’esposizione agli inquinanti presenti nei fumi degli incendi innesca una cascata di problemi sanitari che vanno dai disturbi immediati a quelli a lungo termine. Nel breve periodo si manifestano problemi respiratori, irritazioni alla gola, agli occhi e alla pelle, accompagnati da lacrimazioni. Ma è sul lungo periodo che gli effetti si rivelano più insidiosi: aumenta il rischio di malattie croniche come l’asma e patologie cardiovascolari, inclusi ictus e infarti. Non mancano nemmeno gli effetti neurologici. Alcuni composti, in particolare gli idrocarburi policiclici aromatici, le diossine e i policlorobifenili, presentano caratteristiche di persistenza che li rendono particolarmente pericolosi. Sono sostanze che si accumulano nell’organismo umano, creando un effetto di bioaccumulo che può manifestare i suoi danni anche a distanza di tempo dall’esposizione iniziale.
Gli incendi hanno inoltre un impatto sostanziale sulle concentrazioni di ozono. E poi, contribuiscono alla formazione secondaria delle polveri sospese Pm10 e Pm2,5, quelle particelle microscopiche che riescono a penetrare in profondità nei polmoni e nel sistema circolatorio.
Il vademecum dell’ISS per proteggere l’aria domestica
Di fronte a questa emergenza sanitaria, l’Istituto Superiore di Sanità ha elaborato otto raccomandazioni pratiche per mantenere pulita l’aria nelle abitazioni durante gli incendi. Le indicazioni partono da un presupposto fondamentale: durante un incendio, sindaci e funzionari sanitari locali potrebbero consigliare di rimanere in casa con finestre e porte chiuse.
Il primo consiglio riguarda proprio la chiusura di porte e finestre, seguito dallo spegnimento dei condizionatori che scambiano aria con l’esterno, come quelli portatili con tubo esterno che potrebbero aspirare fumo all’interno dell’abitazione. Al contrario, possono rimanere accesi i sistemi di condizionamento senza condotto che non comportano scambio d’aria, così come ventilatori da soffitto, portatili o da tavolo.
Le raccomandazioni si estendono alle attività quotidiane: vanno evitati o limitati i processi di combustione domestica come cottura in forno, fritture o grigliate. L’uso dell’aspirapolvere deve essere evitato, a meno che non sia dotato di filtro Hepa ad alta efficienza. Anche l’utilizzo di prodotti detergenti va limitato, poiché possono reagire con gli inquinanti sprigionati dagli incendi. Ovviamente da evitare il fumo di sigaretta e le attività fisiche faticose che potrebbero aumentare la quantità di fumo inalata. L’approccio dell’ISS sottolinea come la protezione della salute durante gli incendi non sia solo una questione di evacuazione e spegnimento, ma richieda una strategia articolata di prevenzione domestica. Gaetano Settimo, infatti, ha evidenziato l’importanza di mantenere alta l’attenzione su questo tema durante tutto l’anno, attraverso piani e campagne efficaci di preparazione e prevenzione primaria della salute.
Gli ultimi dati confermano che l’Italia sta affrontando una trasformazione del fenomeno degli incendi che richiede un cambio di paradigma nelle strategie di prevenzione e gestione. I mutamenti climatici possono aumentare il rischio di incendio, la velocità di propagazione e le superfici interessate.
Non si tratta più di prepararsi per un’emergenza estiva, ma di sviluppare una capacità di risposta permanente che tenga conto sia degli aspetti ambientali che di quelli sanitari.
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