Secondo l’ultima analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, le “spese obbligate” per le famiglie raggiungono il 42,2% del totale dei consumi nel 2025. Una dinamica che erode il potere d’acquisto, modifica le abitudini di spesa e frena la crescita legata alla domanda interna.
Cresce la diffidenza verso il futuro
Le famiglie italiane si trovano a navigare in acque sempre più agitate, con un orizzonte economico segnato da una zavorra pesante e in costante crescita: le cosiddette “spese obbligate”.
Si tratta di un paniere di costi fissi e in larga parte “incomprimibili” – dalla casa all’energia, passando per trasporti e assicurazioni – che stanno erodendo quote sempre maggiori dei bilanci familiari.
Il monito, chiaro e circostanziato, arriva dall’ultimo studio dell’Ufficio Studi di Confcommercio, che analizzando il periodo tra il 1995 e il 2025 mette in luce una tendenza ormai strutturale. Per l’anno in corso, queste uscite arrivano a rappresentare ben il 42,2% della spesa totale pro capite. Tradotto in cifre, significa che su una spesa media annua di 22.114 euro a persona, oltre 9.300 euro vengono assorbiti da queste necessità. Una morsa che non solo riduce drasticamente lo spazio per le scelte di consumo libere, ma che finisce per avere un impatto diretto sulla vitalità dell’intera economia nazionale, legata a doppio filo alla domanda interna.
Il risultato è un atteggiamento di maggiore prudenza e diffidenza verso il futuro, che spinge i cittadini a ponderare con estrema cautela ogni acquisto ritenuto non strettamente necessario.
L’impatto delle spese obbligate sui bilanci
Per comprendere la portata del fenomeno, è sufficiente guardare alla sua evoluzione nel tempo.
Il dato del 42,2% registrato nel 2025 rappresenta un aumento di 5,2 punti percentuali rispetto al 1995, quando la stessa quota si fermava al 37%. A rendere sempre più gravoso questo fardello è stata la dinamica dei prezzi. Negli ultimi trent’anni, l’indice relativo ai costi obbligati è cresciuto del 132%, più del doppio rispetto all’aumento registrato per i beni e servizi “commercializzabili” (+55%), ovvero quelli legati a scelte di consumo discrezionali.
La componente più critica si conferma quella dell’abitazione, che da sola assorbe una media di 5.171 euro l’anno a persona, con un incremento di 109 euro solo rispetto al 2024. Seguono a ruota le spese per assicurazioni e carburanti, che pesano per 2.151 euro, e quelle per l’energia, pari a 1.651 euro. Proprio il comparto energetico, nonostante un recente rallentamento, ha segnato il record negativo più impressionante: dal 1995 ad oggi i suoi prezzi hanno subito un’impennata del 178%. Questa progressione inesorabile, come sottolinea l’analisi di Confcommercio, costringe i consumatori a spendere di più per acquistare la medesima quantità di beni e servizi essenziali, intaccando il reddito disponibile e, di conseguenza, la capacità di spesa in altri settori.
Commercio e servizi: le due velocità dell’economia reale
Questa stretta sui bilanci familiari genera effetti divergenti sul mercato. Se da un lato si osservano timidi segnali di ripresa per il comparto dei servizi, come la ristorazione, il turismo e le attività legate al tempo libero (con un recupero stimato di 134 euro pro capite), dall’altro si assiste a una contrazione per i beni tradizionali.
A soffrire sono soprattutto i settori come l’abbigliamento e le calzature, ma anche i consumi alimentari registrano una flessione, con una stima di -57 euro pro capite nel volume degli acquisti per il 2025.
Come evidenziato da Massimiliano Polacco, direttore di Confcommercio Marche, questa situazione porta a un cambiamento profondo delle priorità e delle abitudini d’acquisto, con un impatto negativo anche sul Made in Italy. La tendenza, aggravata da fattori come il calo demografico e le tensioni geopolitiche internazionali, alimenta un clima di incertezza che spinge a una maggiore prudenza, per il timore di nuove fiammate inflazionistiche o di ulteriori rincari sulle bollette.
La richiesta di Confcommercio: tutelare il potere d’acquisto
Di fronte a questo quadro, Confcommercio indica una via per provare a invertire la rotta e restituire ossigeno ai consumi, considerati il motore della crescita interna.
La richiesta è quella di un intervento mirato a rimuovere gli ostacoli strutturali che oggi comprimono la libertà di spesa delle famiglie. L’Associazione sottolinea la necessità di agire su due fronti principali. Da un lato, lavorare per contenere i costi fissi che gravano sui bilanci familiari; dall’altro, attuare politiche efficaci per la tutela del potere d’acquisto. Solo alleggerendo il peso della spesa obbligata sarà possibile, secondo l’analisi, liberare risorse da destinare ai consumi discrezionali, sostenendo così i settori del commercio e dei servizi e stimolando una ripresa economica più solida e diffusa.
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