Ghiotti di carne suina, tonni e sgombri d’alto mare e grandi allevatori di polli. Gli abitanti della città vesuviana erano dei veri gourmet
Una ricerca pubblicata sulla rivista Scientific Reports ha ricostruito con precisione la dieta degli antichi pompeiani, rivelando un mondo culinario molto più articolato di quanto si pensasse finora. L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. ha trasformato la città in un laboratorio archeologico unico al mondo, in cui la cenere vulcanica ha preservato non solo edifici e corpi umani, ma anche semi, ossa animali, resti di pesce e cereali che oggi raccontano la vita quotidiana di una città romana in piena attività. Per scoprire non solo cosa si mangiava ma anche le tecniche di allevamento e di pesca, i ricercatori, coordinati dal Parco Archeologico di Pompei in collaborazione con l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, La Sapienza di Roma e l’Università di York, ha utilizzato l’analisi degli isotopi stabili di carbonio e azoto. Questa metodologia innovativa permette di tracciare le abitudini alimentari analizzando la composizione chimica dei resti organici. Ogni alimento lascia infatti una ‘firma’ isotopica particolare nei tessuti di chi lo consuma, creando una sorta di archivio biologico delle abitudini nutrizionali antiche.
Suini, polli e distese di grano: un menu sorprendentemente ricco
I risultati hanno demolito molti stereotipi sulla dieta degli antichi pompeiani, che lungi dall’essere monotona e basata esclusivamente su pane e vino, si rivela estremamente variegata e sofisticata. Molto importante era l’allevamento dei suini, pur se con modalità differenti probabilmente legate al contesto sociale o alla disponibilità di risorse locali. Alcuni maiali, infatti, venivano nutriti con scarti della cucina e ghiande, altri con diete più controllate, indicando una gerarchia anche nell’allevamento degli animali destinati al consumo. Anche l’allevamento di capre e pecore seguiva approcci distinti e specializzati. I bovini pascolavano liberamente brucando erbe selvatiche, mentre i polli ricevevano un’alimentazione più curata, quasi un antenato del moderno mangime industriale. La dieta vegetale comprendeva un’ampia varietà di legumi e cereali coltivati con tecniche avanzate. I contadini pompeiani utilizzavano metodi diversificati: per grano, orzo, lenticchie e fave adottavano sistemi che includevano probabilmente irrigazione e concimazione differenziata, mentre alberi da frutto come olivi e fichi crescevano con interventi umani più limitati.
Il mare sulla tavola pompeiana
Particolare importanza rivestiva lo sfruttamento delle risorse marine. L’analisi isotopica ha confermato un intenso utilizzo delle acque, ma con una scoperta inaspettata: i pompeiani non si limitavano alla pesca marina tradizionale. Sulla loro tavola arrivavano sia pesci di mare come tonni e sgombri, sia specie di acqua dolce come le anguille. Questo indica un sistema di approvvigionamento complesso che sfruttava diversi ambienti acquatici, dalle acque salate del golfo di Napoli ai fiumi e laghi dell’entroterra campano. Tale varietà ittica dimostra non solo la ricchezza della dieta degli antichi pompeiani, ma anche l’esistenza di reti commerciali sofisticate e di conoscenze marine avanzate. I pescatori dell’epoca padroneggiavano tecniche diverse a seconda dell’ambiente, sviluppando un’economia alimentare articolata e specializzata.
I limiti della ricerca isotopica
Lo studio rivela però anche i limiti delle attuali tecniche scientifiche. Quando si tratta di ricostruire i pasti completi degli abitanti, i dati diventano più difficili da interpretare. Se un pompeiano consumava contemporaneamente pesce e cereali, i segnali chimici si mescolano, rendendo complicato stabilire le proporzioni esatte della sua alimentazione. Questa difficoltà evidenzia come la ricostruzione della dieta degli antichi pompeiani richieda un approccio multidisciplinare. Solo integrando archeologia, chimica, storia e antropologia è possibile ottenere un quadro completo delle abitudini alimentari del passato. Nonostante questi limiti, la ricerca rappresenta un passo avanti fondamentale nella comprensione della vita quotidiana romana. Ogni seme, ogni osso animale racconta una storia di scelte precise, di conoscenze tramandate di generazione in generazione, di un rapporto equilibrato e consapevole con l’ambiente circostante.
Pompei, laboratorio del futuro
I risultati confermano e ampliano quanto già emerso durante la mostra “L’Altra Pompei”, tenutasi presso la Palestra Grande del sito lo scorso anno, che aveva messo in risalto la vita quotidiana degli esclusi, degli schiavi e dei lavoratori: un mondo meno raccontato ma centrale per comprendere il funzionamento della società pompeiana. Lo studio dimostra come l’archeologia moderna non si esaurisca con il recupero dei reperti, ma viva sempre più nei laboratori, dove strumenti scientifici sofisticati danno voce a resti silenziosi da secoli. Pompei si conferma così un laboratorio unico per gli archeologi, dove ogni manciata di terra può ancora restituire nuove scoperte. La ricerca sulla dieta degli antichi pompeiani apre prospettive affascinanti per il futuro. Con il progresso delle tecnologie di analisi, sarà possibile ottenere informazioni sempre più dettagliate non solo su cosa mangiavano gli abitanti della città vesuviana, ma anche su come preparavano i cibi, quali spezie utilizzavano, come organizzavano i pasti durante l’arco della giornata.
(immagine di apertura: un pane di 2mila anni fa emerso dalle ceneri di Pompei)
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