L’ultimo report ISTAT in Italia fotografa un calo significativo dei volontari in dieci anni, con un crollo verticale tra gli under 30. Mentre i settori tradizionali come sport e religione entrano in crisi, emerge una nuova sensibilità verso cause culturali e ambientali.
Un’emorragia di solidarietà
Un quadro a tinte fosche emerge dall’ultimo report “Il volontariato in Italia” pubblicato dall’ISTAT, che disegna i contorni di una crisi ma anche di una radicale trasformazione. Nel 2023 – data dell’ultima rilevazione – solo il 9,1% della popolazione con più di 15 anni, pari a circa 4,7 milioni di persone, ha dedicato parte del proprio tempo ad attività gratuite per gli altri.
Un dato che, se confrontato con il 12,7% registrato nel 2013, segna una flessione di 3,6 punti percentuali, traducendosi in quasi due milioni di volontari in meno in un decennio. Il calo investe sia il volontariato organizzato, svolto all’interno di associazioni e gruppi strutturati, che scende dal 7,9% al 6,2% (coinvolgendo oggi 3,2 milioni di persone), sia gli aiuti diretti e informali, passati dal 5,8% al 4,9%. Un calo che, pur mostrando una sostanziale tenuta rispetto al periodo immediatamente post-pandemico, delinea una tendenza critica per la coesione sociale del Paese.
La crisi del volontariato: i giovani fuggono, gli over 65 resistono
Su tutto, emerge un dato: la disaffezione delle nuove generazioni. La fascia d’età tra i 25 e i 44 anni registra la contrazione più severa, con una perdita di 2,7 punti percentuali nel volontariato organizzato. Ancora più forte il crollo tra gli studenti, che segnano un -4,0% nello stesso ambito, un segnale che interroga il mondo della formazione sulla capacità di trasmettere i valori della partecipazione civica.
Mentre i giovani si allontanano, gli over 65 si confermano la spina dorsale della solidarietà nazionale, mostrando una tenuta straordinaria e mantenendo stabili i loro livelli di partecipazione. L’analisi per titolo di studio rivela un altro paradosso. I laureati, pur vantando la percentuale più alta di impegno (10,3% nell’organizzato), subiscono il calo più marcato dal 2013, indicando che la crisi attraversa trasversalmente anche le fasce culturalmente più attrezzate della popolazione. La geografia della solidarietà, infine, conferma il divario storico: il Nord si dimostra più attivo, con il Nord-est che spicca per l’impegno nell’associazionismo (9,1%), mentre il Mezzogiorno arranca con tassi di partecipazione significativamente più bassi (3,6% nell’organizzato e 3,4% nell’aiuto diretto).
Crollano sport e religione, boom di cultura e ambiente
Se il numero complessivo di volontari diminuisce, le loro priorità si trasformano radicalmente, svelando un grande cambiamento nei valori degli italiani.
I settori che per decenni hanno rappresentato i pilastri del volontariato subiscono un netto arretramento. Le attività di matrice religiosa perdono 5,8 punti percentuali e quelle sportive segnano un -1,9%. Al loro posto, avanzano in maniera decisa nuove aree di impegno. Il settore ricreativo e culturale diventa il primo per numero di volontari, attirando il 23,9% del totale e registrando un balzo in avanti di 6,4 punti. Segue l’assistenza sociale e la protezione civile, che si confermano un ambito cruciale con il 22% degli attivi. Ma la crescita più significativa in termini percentuali è quella legata alle cause ambientali. Queste guadagnano 1,7 punti, a testimonianza di una sensibilità ecologica sempre più radicata. Questa rivoluzione si riflette anche nelle motivazioni. Chi opera in un’associazione è mosso principalmente dalla condivisione di ideali (31,1%) e dal desiderio di contribuire al bene comune (21,5%). Chi aiuta direttamente, invece, lo fa spinto da emergenze (27,5%) o per assistere persone bisognose (24,6%).
Nascono i “volontari ibridi”
In questo scenario di luci e ombre, si fa strada un fenomeno nuovo e di grande interesse: l’ascesa del “volontario ibrido”. Si tratta di oltre un milione di persone, quasi un volontario su cinque (21,7%). Questi alternano con flessibilità l’impegno strutturato all’interno di un’organizzazione a iniziative di aiuto diretto e autonomo.
Questa categoria è cresciuta in modo esponenziale, segnando un balzo di 13,6 punti percentuali rispetto al 2013 e rappresentando la vera novità del panorama solidale italiano. Questi individui, spesso più reattivi e capaci di adattarsi ai bisogni emergenti, dedicano in media oltre 28 ore al mese alle loro attività. Questa trasformazione si accompagna a un cambiamento nel profilo dei destinatari dell’aiuto: diminuisce nettamente il sostegno rivolto ad amici e conoscenti (dal 66,8% al 56,7%), mentre quasi raddoppia quello indirizzato alla collettività, all’ambiente e alla cura del territorio, che passa dal 16,6% al 31,3%.
Dunque, il modello tradizionale di volontariato, legato a strutture stabili e a relazioni di prossimità, sembra lasciare il passo a forme di partecipazione più fluide, individuali e tematiche. L’impegno non scompare, ma si evolve. E sceglie canali e priorità differenti che rispecchiano le trasformazioni, le incertezze e le sensibilità della società contemporanea.
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