Gli anziani trainano la solidarietà mentre i giovani abbandonano l’impegno sociale organizzato
Il panorama del volontariato in Italia è in una fase di trasformazione. I dati del 2023 presentati dall’ISTAT mostrano uno scenario complesso: da un lato diminuisce il numero complessivo dei volontari, dall’altro emerge una nuova figura di cittadino solidale che sceglie di impegnarsi contemporaneamente su più fronti. Una fotografia che rivela cambiamenti generazionali significativi e nuove modalità di partecipazione civica. La ricerca più recente fotografa un’Italia dove 4,7 milioni di persone, pari al 9,1% della popolazione dai 15 anni in su, dedicano parte del proprio tempo ad attività solidali. Un dato che segna una flessione di 3,6 punti percentuali rispetto al 2013, ma che nasconde dietro questa contrazione numerica dinamiche interessanti e inedite forme di impegno sociale.
Il paradosso generazionale: quando l’età diventa risorsa
Il dato più significativo riguarda la distribuzione per fasce d’età del fenomeno solidale. Mentre il volontariato in Italia registra un calo generalizzato tra i giovani, gli over 65 dimostrano una straordinaria tenuta. Le persone di 65 anni e oltre mantengono sostanzialmente stabili i loro livelli di partecipazione: dal 5,8% al 6,2% nel volontariato organizzato e dal 4,5% al 5,5% negli aiuti diretti. Si tratta di un fenomeno che merita particolare attenzione. In un’epoca in cui si discute molto del peso demografico dell’invecchiamento della popolazione, gli anziani italiani si rivelano una risorsa insostituibile per la coesione sociale. I pensionati rappresentano la categoria più attiva: il 7,8% partecipa ad attività organizzate e il 5,2% offre aiuto diretto, confermando come il ritiro dal mondo del lavoro possa trasformarsi in un’opportunità per dedicarsi maggiormente alla comunità. La fascia 45-64 anni si conferma quella più coinvolta in assoluto, con il 7,2% impegnato in organizzazioni e il 5,9% negli aiuti diretti. Sono i cosiddetti baby boomer e la Generazione X a tenere vivo il tessuto associativo del Paese, forti di un’esperienza di vita che li ha resi consapevoli dell’importanza della solidarietà.
Il declino giovanile: una sfida per il futuro
All’opposto, preoccupa il disimpegno delle generazioni più giovani. I 25-44enni registrano le contrazioni più marcate: -2,7 punti percentuali nel volontariato organizzato e -1,4 negli aiuti diretti. Anche tra i giovanissimi (15-24 anni) il calo è significativo: -2,2 punti nell’organizzato e -0,7 nel diretto. Tra gli studenti il fenomeno è ancora più evidente, con una flessione di 4 punti percentuali nel volontariato in Italia organizzato. Un dato che interroga profondamente le istituzioni educative e le organizzazioni giovanili sul proprio ruolo nel trasmettere i valori della partecipazione civica. Le cause di questo disimpegno giovanile sono molteplici e complesse. La precarietà lavorativa, l’incertezza economica, la digitalizzazione delle relazioni sociali potrebbero aver modificato le modalità attraverso cui le nuove generazioni esprimono la propria solidarietà, forse privilegiando forme di attivismo online o iniziative più spontanee e meno strutturate.
La rivoluzione silenziosa del volontariato ibrido
Il fenomeno più sorprendente degli ultimi dieci anni riguarda l’esplosione del cosiddetto volontariato in Italia di tipo ‘ibrido’. Chi sceglie di combinare l’impegno nelle organizzazioni strutturate con l’aiuto diretto alle persone è raddoppiato, passando dall’8,1% al 21,7% del totale dei volontari. Parliamo di circa un milione di italiani che hanno deciso di non limitare la propria generosità a un singolo canale, ma di diversificare il proprio contributo alla comunità. Questo cambiamento rappresenta un’evoluzione nel modo di concepire la solidarietà. I nuovi volontari non si accontentano più di aderire a una singola associazione o di limitarsi a gesti spontanei di aiuto: vogliono toccare con mano problemi diversi, sperimentare approcci differenti, massimizzare l’impatto delle proprie azioni.
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