L’aumento delle lavoratrici donne over 50 è una risorsa strategica. La presidente di Aidda, Antonella Giachetti, analizza il fenomeno e chiede un cambio di passo. Serve nuovo patto tra generazioni per trasformare questa rivoluzione in un motore di sviluppo.
Un cambiamento che si chiama opportunità
L’incremento costante dell’occupazione femminile nella fascia d’età over 50 non può essere letto superficialmente, come un mero indicatore economico o come il risultato passivo dell’innalzamento dell’età pensionabile.
Si tratta di un fenomeno complesso, figlio di trasformazioni demografiche, sociali e culturali che meritano un’analisi attenta e, soprattutto, una nuova visione strategica. A lanciare l’appello è Antonella Giachetti, presidente nazionale di Aidda (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda), che invita Istituzioni e imprese a governare questa tendenza per trasformarla in una leva di competitività.
Secondo Giachetti, le donne ultracinquantenni rappresentano oggi un patrimonio di competenze, esperienza e visione essenziale per la crescita del sistema produttivo e la coesione sociale del nostro paese. Un capitale umano che non può essere sprecato o, peggio, subito con rassegnazione.
Una risorsa strategica, non un’emergenza da gestire
La prospettiva offerta da Aidda è chiara: smettere di considerare queste lavoratrici come un problema e iniziare a vederle come una soluzione. La presidente Giachetti sottolinea come dietro ai numeri ci siano le storie di intere generazioni di donne che hanno investito nella propria istruzione, si sono costruite un solido percorso professionale e, molto spesso, hanno sostenuto il carico delle responsabilità familiari.
La loro permanenza o il loro ritorno nel mondo del lavoro, però, non è necessariamente un segnale di criticità. Può essere piuttosto il riflesso di un allungamento della vita attiva, della posticipazione dell’età pensionabile e di una fisiologica trasformazione delle traiettorie lavorative. “Dobbiamo leggerlo come un segnale da valorizzare, non da temere”, è il monito della presidente.
Questa visione scardina la narrazione di una forza lavoro anziana percepita come un peso, e la sostituisce con l’immagine di una risorsa matura, consapevole e strategica. Investire su queste donne, secondo Aidda, significa scegliere deliberatamente di puntare su figure che uniscono esperienza consolidata e una profonda conoscenza dei meccanismi aziendali e sociali.
I dati della rivoluzione del lavoro donne over 50
Le parole della presidente Giachetti trovano una solida base nei dati, che descrivono una trasformazione senza precedenti. Analizzando l’andamento dell’occupazione dipendente tra il 2004 e il 2024, emerge un quadro netto: l’intera crescita dell’impiego femminile (+25%) è dovuta esclusivamente alla componente con più di cinquant’anni.
Mentre le fasce più giovani subiscono una contrazione, le lavoratrici over 50 sono quasi triplicate, passando da un valore indice di 100 a 286. Se vent’anni fa rappresentavano il 17% delle occupate, oggi sfiorano il 40% (39% per la precisione), superando in valore assoluto i 3 milioni di unità.
Una “rivoluzione silenziosa”, come l’ha definita la premio Nobel per l’Economia Claudia Goldin, ancora più evidente tra le laureate, il cui indice di occupazione è schizzato a 353. Sembra impossibile ignorare la consistenza numerica e la portata qualitativa di questo fenomeno.
La ricetta di Aidda: “reskilling” e un nuovo dialogo tra generazioni
Come trasformare, dunque, questa tendenza in un vantaggio competitivo tangibile? Il punto centrale, secondo Aidda, è passare da una gestione passiva a un’azione proattiva. L’idea proposta da Antonella Giachetti si basa su due pilastri fondamentali. Il primo è la promozione di politiche attive che accompagnino le lavoratrici con programmi mirati di formazione, aggiornamento delle competenze (upskilling) e riqualificazione (reskilling).
Questo è essenziale per colmare eventuali divari, soprattutto in ambito digitale, e per garantire che il loro bagaglio di esperienza rimanga allineato alle esigenze di un mercato in continua evoluzione.
Il secondo pilastro, forse ancora più innovativo, è la creazione di un dialogo intergenerazionale strutturato all’interno delle imprese. Non un trasferimento di conoscenze a senso unico, dal senior al junior, ma un vero e proprio scambio reciproco. Un “motore di innovazione e sviluppo”, lo definisce Giachetti, che può nascere solo se le aziende imparano a riconoscere il valore di questa contaminazione, dove l’esperienza si fonde con le nuove prospettive.
È tempo, quindi, che le strategie aziendali e le politiche pubbliche prendano piena consapevolezza di questa realtà. Le pratiche di age management (gestone generazionale ndr.) non devono rimanere confinate nei manuali di risorse umane, ma diventare un asse portante della cultura d’impresa.
© Riproduzione riservata