Una ricerca rivela che il cervello dei bambini appena nati contiene la chiave per nuove terapie contro la demenza
La proteina tau fosforilata 217 (p-tau217) è da anni al centro della ricerca sull’Alzheimer, dove il suo accumulo nel cervello è associato alla morte neuronale e alla perdita di memoria. Ma una scoperta inattesa ha cambiato la prospettiva: i neonati, soprattutto quelli prematuri, presentano concentrazioni di questa proteina nel sangue molto più elevate rispetto agli anziani affetti dalla malattia. Come è possibile che la stessa molecola svolga ruoli opposti? La risposta arriva da uno studio internazionale pubblicato su Brain Communications, condotto dall’Università di Göteborg in collaborazione con centri di ricerca in Spagna e Australia.
Quando la tau è un alleato del cervello
“È come scoprire che lo stesso attrezzo può essere usato per costruire o demolire un edificio”, spiega Fernando Gonzalez-Ortiz, primo autore dello studio. Nei malati di Alzheimer, la proteina tau si trasforma in una sorta di colla tossica: si aggrega in grovigli che strangolano i neuroni, cancellando progressivamente memoria e funzioni cognitive. Nei neonati accade l’esatto contrario. Qui la tau sembra lavorare come un’impalcatura molecolare, aiutando i neuroni a collegarsi tra loro. “Più precoce è la nascita, più alta è la concentrazione di questa proteina”, precisa Gonzalez-Ortiz. Un meccanismo che la natura ha perfezionato per sostenere lo sviluppo cerebrale accelerato dei prematuri.
Lo studio che ha ribaltato le certezze
La ricerca ha coinvolto 460 partecipanti tra Svezia, Spagna e Australia, includendo neonati a termine, prematuri, giovani adulti, anziani sani e pazienti con Alzheimer. Le analisi hanno rivelato un dato sorprendente: i livelli di tau nei neonati superavano di tre volte quelli riscontrati nei malati. Ma il vero colpo di scena è arrivato osservando l’evoluzione nei primi mesi di vita: quelle concentrazioni da record diminuivano progressivamente, normalizzandosi verso il primo anno di età. “È la prova che nei bambini la tau svolge una funzione temporanea e benefica”, commenta Kaj Blennow, coautore dello studio.
La doppia vita di una molecola
Questa ricerca non solo riscrive il ruolo della proteina tau, ma sfida un ‘dogma’ della neurologia: il legame diretto tra tau e placche amiloidi, finora considerate la causa principale dell’Alzheimer. “Nei neonati vediamo alti livelli di tau senza traccia di amiloide”, sottolinea Gonzalez-Ortiz. “Questo significa che i due processi possono essere indipendenti”. Se il cervello dei neonati sa come controllare la tau, forse la scienza può imparare a farlo anche negli adulti. “È come se avessimo scoperto che esiste un interruttore naturale”, aggiunge Blennow. “Ora dobbiamo capire dove si trova e come riattivarlo”.
Verso nuove strategie terapeutiche
La proteina tau 217 ha già ottenuto il via libera della FDA come strumento diagnostico per l’Alzheimer, ma la scoperta apre nuove prospettive per la ricerca. Se gli scienziati riuscissero a comprendere come il cervello neonatale controlli la tau fosforilata, potrebbero, infatti, sviluppare strategie terapeutiche per imitare questi meccanismi protettivi negli adulti. “Capire come funziona questa protezione naturale e perché la perdiamo con l’età potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti”, afferma Gonzalez-Ortiz. L’obiettivo sarebbe rallentare o addirittura bloccare sul nascere i processi degenerativi dell’Alzheimer.
Due facce della stessa medaglia
“Stiamo studiando come i neuroni dei neonati riescano a neutralizzare gli effetti tossici della tau”, rivela Gonzalez-Ortiz. L’obiettivo è sviluppare terapie che mimino questi meccanismi protettivi, trasformando un nemico in alleato. Intanto, lo studio continua. I ricercatori stanno analizzando campioni di bambini fino ai tre anni, per mappare l’intero percorso della tau durante lo sviluppo. Un lavoro minuzioso che potrebbe riservare altre sorprese.”Ora abbiamo la prova che il nostro cervello sa come domare questa proteina”, conclude Blennow. “Il passo successivo è imparare a farlo anche noi”.
Prospettive future
La scoperta apre prospettive inedite per la ricerca farmacologica. Se gli scienziati riuscissero a comprendere come il cervello neonatale controlli la tau fosforilata, potrebbero sviluppare strategie terapeutiche per imitare questi meccanismi protettivi negli adulti. “Comprendere come funziona questa protezione naturale e perché la perdiamo con l’età potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti”, afferma Gonzalez-Ortiz. L’obiettivo sarebbe rallentare o addirittura bloccare sul nascere i processi degenerativi dell’Alzheimer.
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