L’Italia è alle prese con un parco auto sempre più anziano, mentre stenta la diffusione delle auto elettriche a vantaggio dell’usato
Sei automobili su dieci in circolazione sulle strade italiane hanno più di otto anni. Secondo l’European Automobile Manufacturers’ Association (ACEA), l’età media di un’auto italiana ha raggiunto i 12 anni e otto mesi nel 2023, in netto aumento rispetto agli 11 anni registrati nel 2018. Questi numeri incidono pesantemente sulla concentrazione di sostanze pericolose nell’aria, soprattutto perché il numero di veicoli elettrici è ancora troppo esiguo per bilanciare il problema dell’inquinamento.
La mappa dell’inquinamento da veicoli obsoleti
Da un’ipotetica mappa del paese basata sull’età del parco auto, emergono alcune aree particolarmente critiche. Fanalino di coda è la provincia di Barletta-Andria-Trani, in Puglia, con un 80,4% di auto considerate ‘vecchie’. Tra le grandi aree metropolitane, la situazione non migliora: Catania (78,9%) e Napoli (77,7%) registrano le percentuali più alte di veicoli datati. Anche le Isole mostrano un quadro analogo, con oltre sette auto su dieci (75,5%) classificate come obsolete. Agli antipodi di questa tendenza troviamo tre province toscane che presentano la quota più bassa di auto immatricolate almeno otto anni fa: Prato (53,3%), Firenze (56%) e Pisa (56,5%). Subito dopo il capoluogo toscano, spicca la città di Milano (56,6%).
Veicoli più vecchi e inquinamento
Una maggiore anzianità del parco veicolare equivale, inevitabilmente, a una maggiore capacità inquinante. Confrontando le auto Euro 0-3 (le più vecchie e inquinanti) e quelle Euro 4-6 a benzina e gasolio con i veicoli a basso potenziale inquinante (elettriche, ibride, metano, GPL e bi-fuel Euro 4, 5 e 6), emerge una sovrapposizione chiara con la mappa dell’età avanzata delle auto. Le coincidenze sono evidenti in province come Reggio Calabria, Crotone, Vibo Valentia, Enna, Catania e Nuoro, dove l’età dei veicoli alimenta direttamente il problema dell’inquinamento. I dati relativi a Napoli confermano l’ipotesi: a un’elevata percentuale di auto più vecchie (77,7%) corrisponde un maggiore potenziale inquinante e una superiore presenza di biossido di azoto (NO₂), con una concentrazione di 31,75 µg/m³.
Cambiano le auto ma l’aria no: lo strano caso dello smog padano
Tuttavia, è interessante notare che si osserva quasi la stessa concentrazione di NO₂ a Milano (31,24 µg/m³), una città dove il parco auto è per quasi la metà costituito da veicoli con meno di otto anni. Questa apparente contraddizione si spiega con due fattori chiave: l’impatto delle auto sulla concentrazione di biossido di azoto, seppur significativo, è limitato al 37% delle emissioni complessive. Inoltre, la particolare morfologia della Pianura Padana “intrappola” esalazioni di ogni tipo, amplificando l’effetto dell’inquinamento.
Troppo poche: le elettriche non fermano l’inquinamento
Milano, ad esempio, vanta 8 auto elettriche ogni mille, ma registra una media di 31,25 µg/m³ di biossido di azoto e detiene un record negativo in termini di densità di veicoli: 1.173 per chilometro quadrato. Sulla stessa linea, Monza e Brianza superano i 1.438 auto per km quadrato. Nel Meridione, Caltanissetta ha solo 2,2 auto elettriche ogni mille veicoli, ma registra valori bassi di biossido di azoto (12,75 µg/m³) e una bassa densità di vetture. Le auto elettriche, in sintesi, sembrano ancora troppo poche per influire in modo sostanziale sulla qualità dell’aria a livello nazionale.
L’usato batte l’elettrico
Più che a comprare auto elettriche, gli italiani dimostrano una netta preferenza per l’acquisto di veicoli di seconda mano. Nel 2024, in Italia, per ogni auto nuova immatricolata, ne sono state acquistate due usate, secondo l’UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri). Questa tendenza non è una novità, ma si consolida da un decennio. È interessante notare che, nonostante l’età media del parco veicoli sia cresciuta negli anni, il potenziale inquinante complessivo del Paese tende a calare (da 142,8 nel 2018 a 114,8 nel 2023). Tuttavia, questo miglioramento non si distribuisce uniformemente lungo la Penisola: nel Mezzogiorno ha raggiunto quota 138,2, contro il 103,4 del Nord e il 108 del Centro, evidenziando una disparità anche nel contenimento dell’inquinamento.
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