A San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna, parte la sperimentazione del progetto “Future Bins”. Verranno distribuiti circa 7.500 contenitori realizzati con il “polverino di PET”, uno scarto del processo di riciclo trasformando un problema in una risorsa preziosa.
Una sperimentazione in provincia di Bologna
L’economia circolare compie un passo avanti e lo fa partendo da un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: trasformare lo scarto di un processo di riciclo in un nuovo prodotto utile alla comunità. Succede a San Lazzaro di Savena, nel cuore dell’area metropolitana di Bologna, dove il Gruppo Hera ha lanciato il progetto “Future Bins”.
A partire dalla fine di giugno, i cittadini riceveranno i primi frutti di questa iniziativa: circa 7.500 bidoncini per la raccolta dell’organico e oltre 400 compostiere domestiche. La vera innovazione risiede nel materiale con cui sono costruiti: un “polverino di PET”, ovvero ciò che resta dalla lavorazione della plastica già riciclata. Un materiale che, fino a ieri, era considerato unicamente un residuo da smaltire.
Come nasce un cestino dallo scarto dello scarto: l’idea di “Future Bins”
L’avventura del progetto “Future Bins” è iniziata nel 2023, quando Hera decise di affrontare una sfida complessa: trovare un impiego per le circa 450 tonnellate di polverino di PET che la sua controllata Aliplast produce ogni anno.
Questo materiale, una miscela fine e disomogenea, rappresentava l’ultimo anello della catena del riciclo, destinato quasi interamente allo smaltimento. Per trasformare questo problema in opportunità, Hera ha coinvolto Isinnova, società bresciana specializzata in ricerca e sviluppo. L’obiettivo era chiaro: creare un processo industriale che potesse dare nuova vita a questo “scarto dello scarto”, producendo oggetti funzionali e durevoli.
Cristian Fracassi, amministratore delegato di Isinnova, ha spiegato come ogni innovazione parta da un problema concreto per arrivare a una soluzione capace di valorizzare un intero processo, riducendo gli sprechi.
Dal polverino al prodotto finito, la filiera virtuosa dei cestini del futuro
Il processo che porta alla nascita dei “Future Bins” è un esempio di filiera industriale integrata e sostenibile. Tutto ha origine dal polverino di PET. Il materiale viene prima essiccato, per eliminare ogni traccia di umidità, e poi deferrizzato, per rimuovere eventuali impurità metalliche. Una volta purificato, il polverino viene trasformato in granuli pronti per lo stampaggio a iniezione.
A questo punto entrano in scena due aziende italiane del settore: Mattiussi Ecologia, che si occupa della produzione dei bidoncini sottolavello, e Sartori Ambiente, specializzata nella realizzazione delle compostiere. Entrambe le aziende hanno messo a disposizione i propri stampi, adattandoli a questo nuovo materiale. Il risultato è una linea di prodotti certificati PSV (Plastica Seconda Vita), un marchio che garantisce la tracciabilità e la qualità dei materiali riciclati, offrendo ai cittadini la certezza di utilizzare un prodotto realmente sostenibile.
San Lazzaro di Savena, il comune pilota
La scelta di San Lazzaro di Savena come comune pilota per la distribuzione dei “Future Bins” non è casuale. Il comune bolognese è infatti al centro di un più ampio progetto di riorganizzazione dei servizi ambientali gestito da Hera, che include il rinnovamento dei contenitori stradali e l’introduzione di nuovi sistemi di raccolta come la “Carta Smeraldo”.
La consegna dei nuovi contenitori, che inizierà a fine mese, sarà accompagnata da un volantino informativo per spiegare ai cittadini il valore del progetto. Marilena Pillati, sindaca di San Lazzaro, ha espresso grande orgoglio per la scelta di Hera, sottolineando come questi contenitori rappresentino il risultato tangibile dell’impegno di un’intera filiera, che parte dai cittadini e arriva fino al gestore del servizio, passando per Comuni e Regione.
Un esempio concreto di come l’innovazione possa tradursi in benefici diretti per la comunità e per l’ambiente.
“Future Bins” modello di innovazione
Il progetto “Future Bins” non è solo un esperimento isolato, ma un modello di business pensato per essere scalabile. L’idea sviluppata da Hera e Isinnova è stata infatti brevettata, con l’obiettivo di passare presto da questa fase pilota alla produzione su larga scala.
Si è partiti da un residuo di produzione per il quale non esisteva ancora un adeguato processo di valorizzazione, creando contenitori che a loro volta serviranno a raccogliere altri scarti. L’ambizione è quella di rendere questo processo sempre più industriale, estendendo l’opportunità ad altri territori e dimostrando che anche un materiale dal valore iniziale prossimo allo zero può generare valore economico e ambientale.
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