Sono la maggioranza della popolazione anziana, spesso vivono sole e in condizioni di isolamento. Eppure, il loro contributo sociale ed economico è fondamentale. Un convegno a Roma accende i riflettori sulla doppia discriminazione, di età e di genere, che colpisce le donne over 65 in Italia.
Una doppia discriminazione che isola e indebolisce
In Italia, le donne costituiscono circa il 60% della popolazione con più di 65 anni. Una fetta demografica imponente che, tuttavia, vive una condizione di marcata fragilità.
L’allarme è stato lanciato durante l’incontro “L’Età grande delle donne” che si è tenuto a Roma, organizzato dalla fondazione Atena in collaborazione con il Gruppo italiano salute e genere (Giseg) e la fondazione Età Grande.
Monsignor Vincenzo Paglia, presidente di quest’ultima, ha dipinto un quadro preoccupante. “Dopo i 65 anni sono quasi due terzi gli anni passati con limitazioni funzionali”, ha spiegato. Queste sono “condizioni spesso vissute in solitudine, proprio come conseguenza della maggior longevità: quasi la metà delle over 75 anni vive da sola in una condizione di isolamento sociale che le espone a demenze e malattie cardiovascolari”.
Secondo Paglia, il motivo è chiaro: “a causa di un contesto discriminatorio, queste donne hanno meno accessi alle cure, alle occasioni sociali e al limitato mercato del lavoro riservato agli over 65”.
Il valore inestimabile del lavoro di cura
Eppure, nonostante l’isolamento e le difficoltà, le donne anziane rappresentano un pilastro insostituibile per innumerevoli famiglie. È un apporto enorme, silenzioso e quasi mai riconosciuto, che lo stesso Monsignor Paglia ha voluto quantificare. “In Italia, il lavoro di cura non retribuito svolto dalle donne (per il 75% anziane e adulte) ammonta a oltre 23 miliardi di ore all’anno, per un valore economico stimato di circa 50 miliardi di euro”, ha sottolineato. Ma il loro ruolo va oltre.
“Il contributo delle donne anziane non si limita all’assistenza diretta: il 92,8% delle nonne aiuta economicamente le famiglie dei figli e 3 su 4 accudiscono i nipoti”. Parole che evidenziano come siano una rete di welfare parallela e indispensabile, un ammortizzatore sociale che sostiene l’intera struttura familiare.
Donne anziane: il dramma della violenza e della povertà
Le conseguenze di questa emarginazione non sono solo sociali, ma anche drammaticamente concrete.
La violenza è uno degli aspetti più tragici, un’emergenza che Paglia non ha esitato a denunciare con un dato scioccante: “Le conseguenze sono tante: nel 2021, il 35% delle donne uccise aveva più di 65 anni”. Una cifra allarmante, confermata anche da statistiche più recenti che vedono le donne anziane tra le vittime più frequenti di femminicidio, spesso per mano di persone vicine.
A questa violenza fisica si aggiunge una vulnerabilità economica crescente. Le carriere lavorative più brevi e discontinue e i salari mediamente più bassi si traducono, inevitabilmente, in pensioni più esigue, esponendole a un maggior rischio di povertà.
Superare l’invisibilità delle donne over 65
L’incontro di Roma è stato un appello per un cambio di paradigma. È fondamentale, è stato ribadito, promuovere una medicina specifica per genere che tenga conto delle peculiarità delle donne in età avanzata e, più in generale, riconoscere il loro valore.
“Dobbiamo fare in modo che non si pensi che il quarto piano è abusivo. Sono i proprietari del terreno anche quando non lo rivendicano,” ha affermato metaforicamente monsignor Paglia, riferendosi alla convivenza di quattro generazioni. Ignorare il contributo e le necessità di quasi due terzi della popolazione anziana non è solo ingiusto, ma anche miope. Il fine ultimo è quella di rendere visibile l’invisibile, trasformando una risorsa oggi sottovalutata in un motore di sviluppo per l’intera collettività.
Foto in apertura: Palazzo di San Callisto, sede dell’evento “L’Età grande delle donne”
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