La crescita del mercato delle auto cinesi spinge l’industria europea in crisi mentre la saturazione degli impianti scende dal 75% al 55%
Negli ultimi cinque anni, l’industria automobilistica europea ha vissuto una fase di forti trasformazioni. La pandemia, le interruzioni nelle forniture, la guerra in Ucraina e l’inflazione hanno creato uno scenario complesso nel mercato automobilistico. La perdita di produttività e efficienza è registrata dal Global Automotive Outlook 2025 di AlixPartners, che ha evidenziato come le auto cinesi stiano rapidamente guadagnando terreno in Europa, spingendo il settore verso una riorganizzazione profonda. La Cina, adottando standard elevati di modularità e un elevato ricorso a software e intelligenza artificiale, spinge i produttori occidentali a innovare e a migliorare agilità e controllo dei costi. Ma la sfida è appena iniziata.
Crescita rapida delle auto cinesi: numeri e impatti
Secondo il rapporto, la quota di mercato delle auto cinesi in Europa raddoppierà entro il 2030, passando dal 5% attuale al 10%. Questa crescita è favorita non solo da politiche di localizzazione produttiva, con una capacità industriale di circa 800mila veicoli l’anno. Ma anche da modelli industriali meno rigidi che consentono tempi di sviluppo ridotti e investimenti più contenuti. Nel frattempo, però, la capacità produttiva dei costruttori europei si ridurrà di circa 400mila veicoli, mentre la saturazione degli impianti scenderà drasticamente, dal 75% al 55% in Europa e dal 75% al 35% in Italia.
Il Dragone non conosce crisi, l’elettrico salva l’Europa
Gli analisti prevedono in futuro una crescita stentata delle vendite globali di automobili: appena un punto percentuale nel 2025, per poi stabilizzarsi su un +2% annuo fino al decennio successivo. Tuttavia, questa crescita media nasconde profonde disparità territoriali. Il Vecchio Continente e gli Stati Uniti registreranno una flessione dell’1% il prossimo anno, mentre il Dragone asiatico manterrà un ritmo di espansione del 3%. Andrà meglio con l’elettrico in Europa, che entro il decennio dovrebbe raggiungere quasi la metà delle vendite totali, grazie anche al contributo dell’8% di veicoli ibridi con un’autonomia superiore ai mille chilometri.
Il paradosso dei prezzi: quando l’auto diventa un lusso
Le cifre rivelano una contraddizione drammatica nel mercato europeo. Dall’inizio della pandemia, il costo delle vetture è schizzato verso l’alto con incrementi compresi tra il 40% e il 70%, a fronte di aumenti salariali fermi al 12%. Una forbice che si allarga sempre di più, in netto contrasto con la situazione cinese dove l’indice dei prezzi ha registrato un calo significativo, passando da quota 100 a 84 negli ultimi due anni. Questa escalation ha innescato una spirale negativa: l’inaccessibilità crescente ha paralizzato le vendite, con l’Italia che si avvia verso 1,8 milioni di immatricolazioni nel 2025, cifra distante anni luce dai 2,1 milioni registrati prima dell’emergenza sanitaria. Il mercato si polarizza sempre più: i segmenti popolari A e B soffrono un declino inarrestabile, mentre i SUV, costosi e dall’impatto ambientale superiore, conquistano fette sempre maggiori delle preferenze.
La ricetta delle auto cinesi: velocità, modularità e intelligenza artificiale
Il segreto del successo del Made in China è in un approccio completamente diverso allo sviluppo dei veicoli. Mentre i costruttori tradizionali impiegano 40 mesi per lanciare un nuovo modello, le aziende cinesi riducono questo tempo a soli 20 mesi. La loro strategia si basa su forte modularità, ampio riutilizzo di componenti tra modelli diversi, standardizzazione hardware e differenziazione affidata principalmente al software. In pratica, come spiega Dario Duse di AlixPartners: “Se andate in Cina noterete che maniglie e display sono standardizzati ovunque”. Un approccio che consente riduzioni degli investimenti fino al 40-50% per veicolo. Il rapporto AlixPartners evidenzia come la competizione asiatica sia destinata a cambiare gli equilibri dell’industria automobilistica europea. Ma suggerisce di considerare le auto cinesi non come una minaccia, ma come uno stimolo per l’Europa a rivedere processi e strategie in modo più rapido e flessibile.
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