L’anniversario della caduta di Saigon segna la conclusione del conflitto in Vietnam, che trasformò la geopolitica globale lasciando cicatrici profonde
La guerra del Vietnam terminò il 30 aprile 1975, quando i carri armati nordvietnamiti entrarono vittoriosi a Saigon. Sono trascorsi cinquant’anni dalla conclusione di uno dei conflitti che più profondamente ha segnato l’opinione pubblica durante la Guerra Fredda, provocando un elevatissimo numero di vittime tra militari e civili. Nel corso del conflitto, iniziato quasi due decenni prima, persero la vita circa tre milioni di nordvietnamiti, 250mila soldati del Sud e circa 58mila soldati statunitensi. Il Vietnam si inquadra nella più ampia lotta ideologica e geopolitica tra Stati Uniti e Unione Sovietica, dove entrambi i blocchi cercavano di espandere la propria influenza nel mondo.
Saigon: il ricordo di quelle ore drammatiche
Le drammatiche ore finali videro scene di caos indimenticabile. La mattina del 30 aprile 1975, i carri armati dell’Esercito Popolare Nordvietnamita sfondarono i cancelli del palazzo presidenziale di Saigon e issarono la bandiera del Fronte di Liberazione Nazionale. Il presidente sudvietnamita Duong Van Minh annunciò la resa incondizionata. L’ambasciata americana organizzò l’operazione “Frequent Wind”, evacuando oltre 7.000 persone con elicotteri dal tetto dell’edificio. Queste immagini divennero il simbolo della disfatta americana dopo quasi vent’anni di una guerra controversa.
La decolonizzazione: alle origini della guerra del Vietnam
Il conflitto nacque dalle ceneri della dominazione coloniale francese. Dopo la sconfitta di Dien Bien Phu nel 1954, gli Accordi di Ginevra divisero temporaneamente il paese lungo il 17° parallelo. Le elezioni nazionali previste per riunificare il Vietnam non avvennero mai. Il coinvolgimento americano crebbe gradualmente, spinto dal timore dell’effetto “domino” comunista nel Sud-Est asiatico. L’amministrazione Eisenhower sostenne il governo anticomunista di Ngo Dinh Diem a Saigon, mentre Kennedy e Johnson intensificarono progressivamente l’impegno militare.
Due strategie inconciliabili: tecnologia contro guerriglia
Gli Stati Uniti schierarono un arsenale tecnologico impressionante. L’operazione “Rolling Thunder” riversò sul Vietnam oltre 864.000 tonnellate di bombe tra il 1965 e il 1968. Sul terreno, il contingente americano raggiunse il massimo di 543.000 soldati nel 1969. Questa potenza di fuoco si scontrò con la guerriglia dei vietcong, basata sulla perfetta conoscenza del territorio e sul supporto della popolazione civile. “Combattevamo contro fantasmi”, raccontò un veterano americano. L’impiego dell’Agent Orange per defoliare le aree boschive causò danni ambientali e sanitari ancora visibili oggi.
La rivolta interna: l’America si divide sul conflitto vietnamita
La lunga e disastrosa guerra del Vietnam generò profonde divisioni nella società americana. Le immagini crude trasmesse per la prima volta in televisione erodevano il consenso pubblico, mentre le università diventavano centri di protesta. Il massacro di My Lai del 1968 scioccò l’opinione pubblica, rivelando il lato più oscuro della guerra. Il sistema di coscrizione, che esentava inizialmente studenti universitari e categorie privilegiate, accentuò le disparità sociali. La guerra unì il movimento pacifista e quello per i diritti civili, creando una potente opposizione interna all’interventismo americano.
Gli accordi di Parigi e il crollo finale
Nixon vinse le elezioni del 1968 promettendo di porre fine al conflitto. La sua strategia di “vietnamizzazione” mirava a trasferire gradualmente la responsabilità della guerra all’esercito sudvietnamita. Nel gennaio 1973, gli Accordi di Parigi portarono al ritiro delle truppe americane, ma lasciarono irrisolti i problemi fondamentali. Quando il Congresso tagliò gli aiuti militari al Vietnam del Sud nel 1974, l’equilibrio di forze si spostò definitivamente. L’offensiva finale nordvietnamita iniziò nel dicembre 1974 e si concluse rapidamente con la caduta di Saigon, ribattezzata Ho Chi Minh City.
L’eredità amara della guerra del Vietnam
Il bilancio della guerra del Vietnam fu devastante: oltre 58.000 militari americani e tra 2 e 3 milioni di vietnamiti persero la vita. Negli Stati Uniti, nacque la “sindrome del Vietnam”, una profonda riluttanza verso interventi militari senza obiettivi chiari e supporto pubblico. I veterani americani affrontarono un difficile reinserimento, spesso soffrendo di disturbo post-traumatico da stress. Il Vietnam visse anni di isolamento internazionale e difficoltà economiche, con 1,6 milioni di profughi (“boat people”) in fuga dal nuovo regime. Le relazioni tra Stati Uniti e Vietnam ripresero ufficialmente solo nel 1995. Oggi, ironicamente, i due paesi condividono preoccupazioni strategiche riguardo all’espansionismo cinese nel Mar Cinese Meridionale. Dimostrando come la geopolitica possa trasformare radicalmente le alleanze in meno di cinquant’anni.
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